SICUREZZA SUL LAVORO: KNOW YOUR RIGHTS! – NEWSLETTER N.236 DEL 07/12/15

SICUREZZA SUL LAVORO: KNOW YOUR RIGHTS! – NEWSLETTER N.236 DEL 07/12/15

 

INDICE

  • Le “Frequently Asked Questions” di Sicurezza sul Lavoro – Know Your Rights! – n.7
  • Jobs Act: una panoramica dei principali provvedimenti
  • Medico competente e formazione dei lavoratori
  • Le regole vitali per le attività in presenza di traffico veicolare
  • Esposizione e rischio amianto: problemi normativi e analitici
  • Radiazioni ottiche artificiali: cosa devono fare le aziende?

 

Invito ancora tutti i compagni della mia mailing list che riceveranno queste notizie a diffonderle in tutti i modi.

La diffusione è gradita e necessaria. L’obiettivo è quello di diffondere il più possibile la cultura della salute e della sicurezza e la consapevolezza dei diritti dei lavoratori a tale proposito.

L’unica preghiera, per gli articoli firmati da me, è quella di citare la fonte.

 

Marco Spezia

ingegnere e tecnico della salute e della sicurezza sul lavoro

Progetto “Sicurezza sul Lavoro! Know Your Rights”

Medicina Democratica

sp-mail@libero.it

https://www.facebook.com/profile.php?id=100007166866156

http://www.medicinademocratica.org/wp/?cat=210

 

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LE “FREQUENTLY ASKED QUESTIONS” DI SICUREZZA SUL LAVORO – KNOW YOUR RIGHTS! – N.7

 

Nella mia attività di diffusione della cultura della salute e sicurezza sul lavoro, spesso sono chiamato, da lavoratori o associazioni sindacali di base, a svolgere delle vere e proprie “consulenze” (ovviamente del tutto gratuite) di ampio respiro, che poi riporto, per condividere l’esperienza con tutti, nella mia newsletter, nella rubrica “Le consulenze di Sicurezza sul Lavoro – Know Your Rights!”.

In qualche caso invece le richieste che mi pervengono non richiedono consulenze di ampio respiro, ma brevi e sintetiche risposte a domande su temi molto specifici e limitati.

Anche in questo caso mi sembra giusto e doveroso diffondere questi brevi consulenze che hanno la forma delle cosiddette “Frequently Asked Questions”, facendo nascere su tale argomento una nuova rubrica della mia newsletter.

Ovviamente, per evidenti motivi di privacy e per non creare motivi di ritorsione verso i lavoratori o le associazioni che le hanno poste, riportando le domande ometto il nominativo del lavoratore e dell’azienda coinvolti.

 

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DOMANDA

Ciao Marco,

ti faccio un quesito.

Un lavoratore che, facendo parte della squadra antincendio e pertanto anche addetto all’emergenza, in caso di incendio o terremoto abbandona il proprio posto di lavoro e relativo incarico senza avvertire nessuno (preso dal panico o per altro motivo), quali conseguenze potrebbe avere?

 

RISPOSTA

Ciao,

il D.Lgs.81/08 pone a carico del lavoratore in generale gli obblighi (sanzionabili) di cui all’articolo 20.

Tali obblighi prevedono (articolo 20, comma 2, lettera b) quello di “osservare le disposizioni e le istruzioni impartite dal datore di lavoro, dai dirigenti e dai preposti, ai fini della protezione collettiva ed individuale”.

Pertanto si deve intendere che anche i compiti specifici assegnati ai lavoratori nominati nella squadra antincendio ed emergenza debbano essere osservati.

Tali compiti non sono indicati nel D.Lgs.81/08, ma devono essere contenuti all’interno del Piano di Emergenza Aziendale di cui all’articolo 43, comma 1, lettera d) del Decreto e di cui all’articolo 5 del D.M.10/03/98.

In caso di emergenza vale comunque quanto stabilito dall’articolo 44 comma 1 del D.Lgs.81/08, secondo il quale:

Il lavoratore che, in caso di pericolo grave, immediato e che non può essere evitato, si allontana dal posto di lavoro o da una zona pericolosa, non può subire pregiudizio alcuno e deve essere protetto da qualsiasi conseguenza dannosa”.

Pertanto, in condizioni di rischio limitato, come può essere un principio di incendio, l’addetto antincendio si deve attenere a quanto disposto dal Piano di emergenza e se non lo fa può essere passibile di sanzione disciplinare e sanzione dell’organo di vigilanza.

Ma se l’addetto si trova in una condizione di “pericolo grave, immediato e che non può essere evitato”, anche in considerazione delle sue attitudini psico-fisiche, come ad esempio un incendio di vaste dimensioni o un terremoto di magnitudo elevata, egli può abbandonare il posto di lavoro senza subire alcun pregiudizio.

In ogni caso il lavoratore dovrà comunicare alla struttura aziendale di gestione dell’emergenza che egli ha dovuto abbandonare il posto di lavoro spiegando i motivi per cui lo ha fatto.

In altre parole l’addetto antincendio non deve per forza fare l’eroe, perché non ha la preparazione e l’esperienza che ha un Vigile del Fuoco, ma si deve limitare a seguire quelle che sono le indicazioni riportate nel Piano di Emergenza.

Rimane comunque di sua responsabilità avvertire l’azienda o i soccorsi esterni del pericolo presente chiedendone l’intervento.

Un caro saluto.

Marco

 

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DOMANDA

Ciao Marco,

la mia azienda ha appaltato una ditta esterna per attività di pulizia di una fossa Imhoff, che è di fatto uno spazio confinato.

Io, come RLS, ho chiesto di verificare l’idoneità tecnico professionale della ditta, tenendo conto del particolare rischio di lavorare in spazi confinati.

La mia azienda mi ha passato la documentazione fornita dalla ditta esterna, tra cui compaiono, tra le altre cose, anche gli attestati di formazione per lavori in spazi confinati ai sensi del D.P.R.177/11.

Quindi credo vada bene.

Ti chiedo però se tali attestati prevedono un aggiornamento e, se sì, ogni quanto.

Occorre poi una sorveglianza sanitaria specifica per i lavoratori che operano in spazi confinati?

Grazie per il gentile riscontro.

 

RISPOSTA

Ciao,

le mie risposte/osservazioni a seguire.

Come giustamente osservi, per tali attività trova applicazione, oltre al D.Lgs.81/08, anche il D.P.R.177/11 “Regolamento recante norme per la qualificazione delle imprese e dei lavoratori autonomi operanti in ambienti sospetti di inquinamento o confinanti” che trovi, ad esempio, al link:

http://www.provinz.bz.it/lavoro/download/DPR_177_11.pdf

Per quanto riguarda la formazione, il D.P.R.171/11 non prevede aggiornamento.

Poiché però tale formazione rientra nella formazione specifica di cui all’articolo 37 del D.Lgs.81/08 e di cui all’Accordo Stato Regioni 21/12/11, deve essere previsto un aggiornamento (di tutta la formazione specifica di cui una parte dedicata a quella per gli ambienti confinati) di almeno 6 ore ogni 5 anni.

Per quanto riguarda la sorveglianza sanitaria essa è dovuta, secondo il D.Lgs.81/08 “nei casi previsti dalla normativa vigente”. Né il D.Lgs.81/08, né il D.P.R.171/11 prevede sorveglianza sanitaria specifica per le lavorazioni in ambienti confinati.

E’ però vero che l’articolo 18, comma 1, lettera c) del D.Lgs.81/08, pone come obbligo sanzionabile a carico del datore di lavoro o del dirigente quello di “nell’affidare i compiti ai lavoratori, tenere conto delle capacità e delle condizioni degli stessi in rapporto alla loro salute e alla sicurezza”.

E’ chiaro che a seguito di tale obbligo il datore di lavoro dovrà verificare (anche con semplice visita preventiva e non periodica da parte del medico competente) che il lavoratore addetto al lavoro in spazi confinati sia idoneo a tali compiti e quindi non sia affetto da patologie che potrebbero aumentare i fattori di rischio (epilessia, sbalzi di pressione, labirintite, sindrome da crisi di panico o da claustrofobia, ecc.).

Oltre ai requisiti formalizzati dalla ditta appaltata, occorre poi, ai sensi del D.P.R.171/11 che essa fornisca:

  • dichiarazione in merito all’integrale applicazione delle vigenti disposizioni in materia di valutazione dei rischi, sorveglianza sanitaria e misure di gestione delle emergenze;
  • dichiarazione in merito alla presenza all’interno dell’azienda di personale, in percentuale non inferiore al 30 per cento della forza lavoro, con esperienza almeno triennale relativa a lavori in ambienti sospetti di inquinamento o confinati, assunta con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato (ovvero anche con altre tipologie contrattuali o di appalto, a condizione che i relativi contratti siano stati preventivamente certificati ai sensi del Titolo VIII, Capo I, del Decreto Legislativo 10 settembre 2003, n. 276);
  • possesso di dispositivi di protezione individuale, strumentazione e attrezzature di lavoro idonei alla prevenzione dei rischi propri delle attività lavorative in ambienti sospetti di inquinamento o confinati e avvenuta effettuazione di attività di addestramento all’uso corretto di tali dispositivi (quindi se usa delle imbracature salva vita o degli autorespiratori deve essere fornita attestazione dell’addestramento specifico di tali dispositivi);
  • dichiarazione in merito all’integrale applicazione della parte economica e normativa della contrattazione collettiva di settore.

Ti ricordo inoltre che in relazione alle attività lavorative in ambienti sospetti di inquinamento o confinati non é ammesso il ricorso a subappalti, se non autorizzati espressamente dal datore di lavoro committente e certificati ai sensi del Titolo VIII, Capo I, del Decreto Legislativo 10 settembre 2003, n. 276.

A disposizione per ulteriori chiarimenti.

Marco

 

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DOMANDA

Ciao Marco,

mia moglie è stata in malattia più di 60 giorni per una frattura al polso sinistro per una caduta accidentale in un giorno festivo.

Mia moglie rientra al lavoro lunedì e per cui volevo avere una dritta sulla procedura, prevista da Testo Unico, sul rientro dopo assenze prolungate..

Non vorrei che lunedì non essendoci il medico competente in azienda la rimandino a casa senza essere retribuita e con proprie ferie.

Grazie.
RISPOSTA

Ciao,

l’articolo 41, comma 2, lettera e-ter) del D.Lgs.81/08 prevede che:

La sorveglianza sanitaria comprende […] visita medica precedente alla ripresa del lavoro, a seguito di assenza per motivi di salute di durata superiore ai sessanta giorni continuativi, al fine di verificare l’idoneità alla mansione”.

La “ratio” di tale disposto legislativo è quella di stabilire se un lavoratore a seguito di una lunga assenza per motivi di salute (a seguito di malattia o di infortunio) sia ancora idoneo fisicamente a svolgere il lavoro specifico della sua mansione.

E’ compito del medico competente stabilire se la lunga assenza dal lavoro e la patologia che l’ha causata possano avere annullato o ridotto la idoneità del lavoratore a svolgere i compiti lavorativi propri della sua mansione, a fronte dei rischi specifici della mansione stessa.

Mi spiego con due esempi.

Se un videoterminalista (che svolge la sua mansione in un ambiente climaticamente adeguato, cioè con adeguato impianto di riscaldamento) manca per più di 60 giorni per una polmonite, il medico competente non potrà che, una volta acquisiti i referti medici relativi alla malattia, confermare l’idoneità del lavoratore alla sua mansione specifica che non comporta (a seguite della adeguata climatizzazione degli ambienti di lavoro) rischi di natura climatica fredda.

Se, al contrario, un addetto al magazzino (che svolge la sua mansione con ripetuti sollevamenti di carichi pesanti) manca per più di 60 giorni per un’ernia discale, il medico competente dovrà, una volta acquisiti i referti medici relativi alla malattia, verificare se lo stato di salute del lavoratore sia già in grado di riprendere un’attività lavorativa potenzialmente a rischio per la colonna vertebrale interessata dalla patologia, esprimendo, in alternativa un giudizio di non idoneità totale, oppure di idoneità totale, oppure ancora di idoneità con prescrizione (non sollevare più di…kg).

Pertanto non ci sono regole assolute, ma solo relative alla patologia subita e alla mansione svolta.

E questo lo può stabilire solo il medico competente.

In ogni caso vale il principio fissato dall’articolo 15, comma 2 del D.Lgs.81/08, secondo il quale:

Le misure relative alla sicurezza, all’igiene ed alla salute durante il lavoro non devono in nessun caso comportare oneri finanziari per i lavoratori”.

Pertanto, in attesa della visita del medico competente, tua moglie non può tornare a svolgere la sua mansione. Ma poiché ciò dipende dalla azienda, che aveva il dovere di programmare la visita di controllo prima del ritorno al lavoro di tua moglie, ella potrà non recarsi al lavoro a seguito di prolungamento del periodo di assenza per infortunio e non dovrà pertanto prendere ferie.

A disposizione per ulteriori chiarimenti.

Un caro saluto.

Marco

 

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DOMANDA

Ciao Marco,

sono RLS di un’azienda metalmeccanica.

Poiché nella linea produttiva vengono movimentati pezzi di acciaio taglienti, dopo vari infortuni, siamo riusciti a convincere l’azienda a fornire ai lavoratori DPI antitaglio.

Quelli che ci hanno presentati sono però molto spesso e rigidi e impediscono di movimentare i pezzi più piccoli o fare lavori più fini (tipo imboccare le viti nelle loro sedi) per cui temiamo che poi i lavoratori non li indossino per comodità di lavoro e diventino loro i colpevoli in caso di infortunio.

Possibile che non ci siano dei guanti antitaglio adatti anche a lavori di precisione?

Nei sai qualcosa?

Grazie

 

RISPOSTA

Ciao,

innanzitutto riporto i riferimenti normativi utili per il caso che mi hai segnalato.

Il datore di lavoro deve individuare i DPI in funzione del rischio presente ed eseguire analisi di mercato per individuare i DPI idonei.

Ciò è stabilito dall’articolo 77, comma 1, lettere b) e c) del 81/08:

Il datore di lavoro ai fini della scelta dei DPI:

[…]

  1. b) individua le caratteristiche dei DPI necessarie affinché questi siano adeguati ai rischi di cui alla lettera a), tenendo conto delle eventuali ulteriori fonti di rischio rappresentate dagli stessi DPI;
  2. c) valuta, sulla base delle informazioni e delle norme d’uso fornite dal fabbricante a corredo dei DPI, le caratteristiche dei DPI disponibili sul mercato e le raffronta con quelle individuate alla lettera b);

[…]”.

I DPI devono essere adeguati ai rischi, ma nel contempo tenere conto delle condizioni di lavoro e delle esigenze ergonomiche. Ciò è stabilito dall’articolo 76, comma 2, lettere a), b) e c) del 81/08:

I DPI di cui al comma 1 devono inoltre:

  1. a) essere adeguati ai rischi da prevenire, senza comportare di per sé un rischio maggiore;
  2. b) essere adeguati alle condizioni esistenti sul luogo di lavoro;
  3. c) tenere conto delle esigenze ergonomiche o di salute del lavoratore;

[…]”.

Il RLS deve essere consultato anche sulla scelta dei DPI, in quanto essi costituiscono misure di prevenzione dei rischi. Ciò è stabilito dall’articolo 50, comma 1, lettere b) del 81/08:

Il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza:

[…]

  1. b) è consultato preventivamente e tempestivamente in ordine alla valutazione dei rischi, alla individuazione, programmazione, realizzazione e verifica della prevenzione nella azienda o unità produttiva;

[…]”.

In merito ai guanti antitaglio, ne esistono sul mercato di quelli che oltre ad avere una elevata resistenza al taglio (seconda cifra della marcatura secondo norma EN 388), sono anche tali da garantire una finezza soddisfacente e quindi una facilità di utilizzo anche per la manipolazione di piccoli oggetti.

Si tratta di guanti ottenuti con filati di fibre di kevlar che è un materiale molto fine ed elastico, ma molto resistente al taglio. Questi guanti costano ovviamente di più dei guanti antitaglio tradizionali che però non garantiscono le medesime caratteristiche di confort e agilità.

Pertanto la tua azienda dovrà dotare i lavoratori di guanti antitaglio con tali caratteristiche, indipendentemente dal loro costo.

Per ulteriori chiarimenti chiamami pure.

Marco

 

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NOTA

Nel testo delle “Frequently Asked Questions” sopra riportate sono state usati i seguenti acronimi e termini:

ASL = Azienda Sanitaria Locale

CCNL = Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro

DPI = Dispositivi di Protezione Individuali

DVR = Documento di Valutazione dei Rischi

DUVRI = Documento Unico di Valutazione dei Rischi da Interferenza in caso di lavori in appalto

RSPP = Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione

RLS = Rappresentate dei Lavoratori per la Sicurezza

D.Lgs.81/08 o Decreto: Decreto Legislativo n.81 del 9 aprile 2008 e successive modifiche e integrazioni (cosiddetto “Testo Unico sulla sicurezza”)

 

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JOBS ACT: UNA PANORAMICA DEI PRINCIPALI PROVVEDIMENTI

 

Da Articolo 19

http://www.cittametropolitana.bo.it/lavoro/Engine/RAServePG.php/P/261611560408/T/Articolo-19

 

Articolo 19

Numero 4 Anno 2015

 

In attuazione della Legge Delega 183/2014 il Governo ha emesso otto Decreti attuativi che hanno così completato il percorso di approvazione della riforma del lavoro nota come Jobs Act, una serie di provvedimenti di portata estremamente vasta che non mancano di toccare nel vivo anche le tematiche riguardanti la salute e sicurezza nei luoghi di lavoro.

 

Volendo svolgere una panoramica dei principali provvedimenti, in maniera per forza di cose semplificata, innanzi tutto non vanno trascurate le disposizioni contenute in uno dei Decreti attuativi della riforma già approvati in estate, il Decreto Legislativo 81/15 “Disciplina organica dei contratti di lavoro e revisione della normativa in tema di mansioni”, che hanno senza dubbio riflessi di natura prevenzionale se letti alla luce del tema Salute e Sicurezza.

 

E’ sufficiente infatti citare la nuova disciplina della mansioni, con la possibilità di mutare le mansioni del lavoratore in caso di modifica degli assetti organizzativi aziendali, e la nuova disciplina lavoro a orario ridotto e flessibile che agevola il ricorso al lavoro supplementare e straordinario per i lavoratori part time e la possibilità di trasformazione del rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale dei lavoratori affetti da patologie oncologiche o da gravi patologie cronico-degenerative.

 

Di impatto ancora più significativo la previsione con cui nello stesso Decreto si abroga il comma 5 dell’articolo 3 del D.Lgs.81/08, eliminando così l’obbligo in capo all’utilizzatore degli adempimenti riguardanti la prevenzione e la protezione dei lavoratori somministrati. Una disposizione importante che comunque non potrà trascurare quanto previsto in tema di formazione per i lavoratori somministrati dall’Accordo Stato-Regioni del 21/12/11 e la definizione di lavoratore offerta dal D.Lgs.81/08, laddove si individua come destinatario delle tutele la più ampia platea di soggetti che “indipendentemente dalla tipologia contrattuale svolge un’attività lavorativa” presso un datore di lavoro.

 

Pur contenendo interventi di portata inferiore rispetto a quanto annunciato e a quanto contenuto nel titolo dello schema di Decreto (il 176 del giugno 2015) è però sicuramente il D.Lgs.151/15 “Disposizioni di razionalizzazione e semplificazione delle procedure e degli adempimenti a carico di cittadini e imprese e altre disposizioni in materia di rapporto di lavoro e pari opportunità”, approvato ad inizio settembre e pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 23/09/15, quello che maggiormente interviene in tema di salute e sicurezza sul lavoro andando a modificare all’articolo 20 alcuni punti specifici del D.Lgs.81/08.

 

TRE REGIMI PER IL LAVORO ACCESSORIO

Ai lavoratori occupati presso un committente imprenditore o professionista saranno applicate tutte le disposizioni previste dal D.Lgs.81/08, con tutti i diritti di natura prevenzionale, mentre per i lavoratori occupati in tutti gli “altri casi” sono assicurate le sole disposizioni dettate all’articolo 21 del D.Lgs.81/08 (nel quale per le disposizioni inerenti sorveglianza sanitaria e formazione sono le facoltà, anziché gli obblighi, a trovare regolazione). Viene poi confermata l’esclusione dall’applicazione delle disposizioni in materia di salute e sicurezza sul lavoro per i prestatori di lavoro di accessorio che svolgono piccoli lavori domestici a carattere straordinario, compreso l’insegnamento privato e l’assistenza domiciliare ai bambini, agli anziani, agli ammalati e ai disabili.

 

COMMISSIONE PERMANENTE

Si assiste ad una ricomposizione della Commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza sul lavoro con un ridimensionamento dei numeri delle tre compagini istituzioni (Ministeri e Regioni), parte datoriale e parte sindacale e introducendo la “rappresentanza” di “esperti in medicina del lavoro, igiene industriale e impiantistica industriale”, nel numero di tre e del “rappresentante dell’ANMIL”, nel numero di uno.

La novità introdotte nella composizione della Commissione, oltre a superare l’elemento del tripartitismo perfetto (principio cardine delle disposizioni dettate anche dal livello europeo), apre una domanda su quali siano le professionalità tecniche che troveranno collocazione in un organismo di carattere politico in considerazione del fatto che i quattro voti corrispondenti a tali nuovi soggetti introdotti nella Commissione, acquisiscono un peso numerico superiore a quanto singolarmente rappresentato dalle tre compagini costitutive (istituzioni e parti sociali), fino ad oggi perfettamente equilibrate nei numeri.

 

VALUTAZIONE DEI RISCHI

La modifica introdotta riguarda la formalizzazione del contributo tecnico dell’INAIL, in collaborazione con le aziende sanitarie locali, verso i datori di lavoro ai fini dell’elaborazione della valutazione dei rischi (secondo modalità operative che dovranno essere definite) e la possibilità di utilizzare strumenti informatizzati secondo il prototipo europeo OIRA per le aziende di piccole dimensioni (da attuare previo parere della Commissione consultiva permanente e previo Decreto del Ministero del Lavoro).

 

SERVIZIO DI PREVENZIONE E PROTEZIONE

Viene introdotta la possibilità da parte del datore di lavoro di svolgere direttamente i compiti propri del servizio di prevenzione e protezione dai rischi, di primo soccorso, nonché di prevenzione incendi e di evacuazione e viene eliminata la soglia numerica del “fino a cinque lavoratori”, oggi in tutte le imprese o unità produttive (salvo ancora i casi previsti all’articolo 31, comma 6) il datore di lavoro che rientra nei termini dettati dall’articolo 34, è libero di svolgere direttamente i compiti di primo soccorso, nonché di prevenzione degli incendi e di evacuazione, oltre a quelli del servizio di prevenzione e protezione dai rischi.

 

ATTREZZATURE DI LAVORO

Su questo tema viene effettuata una esplicitazione importante in quanto, con riferimento all’articolo 69 comma e) del D.Lgs.81/08, si indica anche il datore di lavoro al pari del lavoratore nella definizione di “operatore” come incaricato dell’utilizzo delle attrezzature e dei DPI.

 

FORMAZIONE

Si introduce un obbligo di formazione specifica per gli operatori destinati alla conduzione di generatori di vapore e, con riferimento ai cantieri temporanei o mobili, si modificano i requisiti professionali necessari per le figure di Coordinatore per la progettazione (CSP) e Coordinatore per l’esecuzione (CSE), anche attraverso la modalità e-learning, i cui contenuti dovranno essere ratificati in sede di Conferenza Stato-Regioni come per i precedenti provvedimenti inerenti gli obblighi formativi sulla sicurezza.

 

SANZIONI

Corpose e di impatto significativo le modifiche apportate sul tema in particolare dalla lettera i) del comma 1 del già richiamato articolo 20 e dell’articolo 22, comma 4, lettera c).

Si inaspriscono notevolmente le sanzioni a carico del datore di lavoro in caso di violazione riferita alla mancata formazione dei lavoratori, degli addetti alle emergenze, dei preposti, dei dirigenti e dei Rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza, nonché del mancato rispetto dell’obbligo a carico del datore di lavoro e/o dei dirigenti di inviare i lavoratori a visita medica. Nello specifico le sanzioni sono raddoppiate se coinvolgono più di cinque lavoratori e triplicate se la violazione riguarda più di dieci lavoratori.

Sono altresì raddoppiate le sanzioni a carico del datore di lavoro che non abbia protetto in maniera sufficiente il lavoratore degli effetti derivanti dal rischio elettrico e che non sia in grado di dimostrare all’organo di vigilanza di aver cercato in tutti i modi di ridurre le probabilità di accadimento del danno a carico del lavoratore che utilizza attrezzature di lavoro.

Su questo fronte, in considerazione del fatto che le sanzioni vengono comminate dagli organi di vigilanza solo a seguito di controlli effettuati in azienda, assume ancora maggiore rilievo l’attività di monitoraggio degli RLS/RLST.

 

AGENZIA UNICA DI VIGILANZA

Infine, non certo per ordine di importanza, occorre considerare quanto previsto nel D.Lgs.149/15 “Disposizioni per la razionalizzazione e la semplificazione dell’attività ispettiva in materia di lavoro e legislazione sociale” con il quale si istituisce il “famoso” Ispettorato nazionale del lavoro voluto dal legislatore per razionalizzare e semplificare l’attività di vigilanza in materia di lavoro e evitare la sovrapposizione di interventi ispettivi.

E’ l’articolo 2 in particolare a descrivere l’operatività del nuovo Ispettorato nazionale del lavoro come un’agenzia unica per le ispezioni del lavoro che integra i ruoli e le funzioni ispettivi oggi svolte ad opera rispettivamente del Ministero del lavoro, dell’INPS e dell’INAIL oltre che fornire pareri su interpelli e a svolgere un coordinamento dell’attività formativa.

E’ esclusa dal Decreto in questione, contrariamente alle prime versioni circolate, un’adozione anche dell’attività ispettiva oggi svolta dalle ASL attraverso i SPAL territoriali.

Il Decreto è in vigore dalla data successiva alla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale (avvenuta come per il precedente 151/15 il 23/09/15), ma occorrerà attendere quarantacinque giorni successivi a tale data per l’adozione tramite Decreto interministeriale dello statuto dell’Ispettorato unico.

 

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MEDICO COMPETENTE E FORMAZIONE DEI LAVORATORI

 

Da: PuntoSicuro

http://www.puntosicuro.it

25 novembre 2015

 

Quali sono le cause del mancato coinvolgimento del Medico Competente nella formazione in tema di salute e sicurezza sul lavoro?

Cosa prevede il D.Lgs.81/08?

Quali sanzioni sono previste per il datore di lavoro?

 

Rifletto sui motivi che escludono il medico competente dai programmi di formazione in tema di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro.

Partiamo dalla normativa.

L’articolo 25 (Obblighi del medico competente) del Testo Unico, al comma 1, lettera a) prevede che il medico competente partecipi alle attività di formazione e informazione nei confronti dei lavoratori, per la parte di competenza (articolo non sanzionato per il medico):

“Il medico competente collabora con il datore di lavoro e con il servizio di prevenzione e protezione alla valutazione dei rischi, anche ai fini della programmazione, ove necessario, della sorveglianza sanitaria, alla predisposizione della attuazione delle misure per la tutela della salute e della integrità psico-fisica dei lavoratori, all’attività di formazione e informazione nei confronti dei lavoratori, per la parte di competenza, e alla organizzazione del servizio di primo soccorso considerando i particolari tipi di lavorazione ed esposizione e le peculiari modalità organizzative del lavoro. Collabora inoltre alla attuazione e valorizzazione di programmi volontari di promozione della salute, secondo i principi della responsabilità sociale”.

Tuttavia l’articolo 18 (Obblighi del datore di lavoro e del dirigente), comma 1, lettera g) del D.Lgs.81/08 prevede che il datore di lavoro richieda al medico competente l’osservanza degli obblighi previsti a suo carico nel Decreto stesso:

“Il datore di lavoro, che esercita le attività di cui all’articolo 3, e i dirigenti, che organizzano e dirigono le stesse attività secondo le attribuzioni e competenze ad essi conferite, devono inviare i lavoratori alla visita medica entro le scadenze previste dal programma di sorveglianza sanitaria e richiedere al medico competente l’osservanza degli obblighi previsti a suo carico nel presente decreto”.

Gli obblighi del medico competente sono quelli previsti dall’articolo 25 che, al comma 1, lettera a) prevede appunto che il medico competente partecipi alle attività di formazione e informazione nei confronti dei lavoratori, per la parte di competenza.

L’inosservanza del citato comma dell’articolo 18 comporta una sanzione, per il datore di lavoro, stabilita dall’articolo 55, comma 5, lettera e) costituita da un’ammenda da 2.192 a 4.384 euro.

Quindi il mancato coinvolgimento del medico competente non prevede sanzioni per il medico quanto piuttosto per il datore di lavoro.

Il motivo invece per il quale le aziende non coinvolgano il medico sono, a mio avviso, le seguenti:

  • la mancata conoscenza delle norme da parte dei datori di lavoro (e questo è comprensibile) e da parte di molti RSPP (e questo lo è un po’ meno);
  • la scarsa attenzione degli RSPP sul fatto che debbono coinvolgere il medico anche per tutelare il datore di lavoro oltre che per il fatto che erogherebbero una formazione un po’ più completa;
  • l’affidamento della formazione a società esterne che sono dotate di struttura propria e forniscono ore di formazione standard poco attinenti alla reale organizzazione aziendale e che quindi non hanno alcun interesse nel coinvolgere il medico;
  • il fatto di dover retribuire il medico per la prestazione; questo ovviamente non succede se il medico assumesse solo incarichi con retribuzioni forfettarie in modo che siano inclusive tutte le attività che gli competono; quindi se il contratto/lettera di incarico prevedesse tutti gli obblighi come dovrebbe, ciò sarebbe una tutela per tutti;
  • l’assenza di audit interni in tema di qualità della formazione;
  • l’assenza di controlli esterni;
  • l’inerzia degli RLS molto spesso passivi nel loro ruolo;
  • l’inerzia dei medici che, privi di sanzione, non premono certamente fuori dalle porte delle aule per partecipare alla formazione;
  • la fornitura del medico competente alle azienda da parte di società intermediarie: poliambulatori, società di servizi che retribuiscono il medico a prestazione erogata e non per gli obblighi che gli competono

E allora mi chiedo: ma cosa spiegheranno i formatori in tema di rischi per la salute, in tema di effetti su organi bersaglio, in tema di anatomia, fisiologia, patologie, risposte dell’organismo, prevenzione medica, malattie professionali, ecc.?

Quale sarebbe quindi l’iter corretto?

Il servizio di prevenzione e protezione, stabilendo il programma formativo dovrebbe condividere i contenuti con il medico competente, affidandogli un monte ore quale docente formatore.

Consiglio ai medici competenti di verbalizzate, nel corso dei sopralluoghi o altre relazioni la vostra disponibilità a partecipare ai programmi formativi aziendali.

Consiglio alle aziende e agli RSPP, considerata la pesante sanzione prevista qualora il datore di lavoro non richiami il medico competente agli obblighi previsti dal Testo Unico, di richiedere in forma scritta al medico competente la partecipazione alla formazione.

dottor Cristiano Ravalli

http://medicocompetente.blogspot.it

 

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LE REGOLE VITALI PER LE ATTIVITA’ IN PRESENZA DI TRAFFICO VEICOLARE

 

Da: PuntoSicuro

http://www.puntosicuro.it

27 novembre 2015

 

Raccolte da SUVA le nove regole vitali di sicurezza per gli operatori che lavorano sulle vie di traffico.

La pianificazione dei lavori, la segnaletica, la visibilità, le zone di pericolo, la movimentazione dei carichi, gli accessi sicuri e gli scavi.

 

Anche in Svizzera, come in Italia, non sono pochi gli infortuni mortali che riguardano gli operatori che lavorano sulle vie di traffico, nei cantieri stradali, ad esempio impegnati nella pavimentazione o nella manutenzione stradale.

E se a questi incidenti gravi e mortali spesso non sono immuni neanche i lavoratori con maggiore esperienza, è necessario rivedere e migliorare non solo le regole di prevenzione, ma anche il loro rispetto effettivo.

 

E’ proprio con questo obiettivo che in Svizzera SUVA, l’Istituto per l’assicurazione e la prevenzione degli infortuni, pubblica e aggiorna costantemente documenti con le “regole vitali” per la prevenzione, correlate alla campagna “Visione 250 vite” (per salvare nella Confederazione elvetica 250 vite nell’arco di dieci anni in tutti i settori professionali).

 

Nel caso delle attività cantieristiche in strada, SUVA (in collaborazione con associazioni professionali e sindacali elvetiche) ha pubblicato un documento dal titolo “Nove regole vitali per chi lavora sulle vie di traffico e nel genio civile”.

Regole che, come sempre, si rivolgono, con un linguaggio semplice e diretto, sia ai lavoratori che ai superiori delle imprese e presentano, nella forma del “vademecum”, precise informazioni su come preparare, per ciascuna regola vitale, una mini-lezione.

Sottolineando anche l’importanza di dire comunque “stop” ai lavori in caso di pericolo, per poterli riprendere solo dopo aver provveduto ad eliminare i pericoli per i lavoratori.

Riportiamo innanzitutto l’elenco delle nove regole, che sono anche nove principi salvavita:

  • pianificazione accurata dei lavori;
  • attenzione al traffico;
  • vedere ed essere visto;
  • contatto visivo;
  • sicurezza nella guida di macchine;
  • movimentazione corretta dei carichi;
  • solo accessi sicuri;
  • messa in sicurezza degli scavi;
  • uso dei DPI.

Vediamole più nel dettaglio.

Prima regola: pianifichiamo con cura ogni intervento

Lavoratore: mi informo dal mio superiore su eventuali pericoli legati all’ambiente circostante (traffico, linee aeree elettriche, ecc.) e sulla presenza di condotte interrate

Superiore: faccio in modo che eventuali pericoli legati all’ambiente circostante siano noti e adeguatamente segnalati, anche nel caso di condotte interrate

Seconda regola: ci proteggiamo dai pericoli legati al traffico

Lavoratore: elimino subito eventuali carenze a livello di segnaletica e sbarramenti oppure avviso il mio superiore

Superiore: in accordo con le autorità locali provvedo affinché il cantiere sia segnalato e sbarrato a norma

Terza regola: vedere ed essere visto

Lavoratore: indosso gli indumenti ad alta visibilità e mi comporto in modo da essere visto dagli altri

Superiore: procuro ai miei dipendenti adeguati indumenti ad alta visibilità e dispositivi di illuminazione

Quarta regola: stabiliamo un contatto visivo con il macchinista

Lavoratore: entro nella zona di pericolo della macchina edile solo se ho stabilito un contatto visivo con il macchinista

Superiore: istruisco i miei dipendenti sul comportamento da tenere nelle vicinanze delle macchine edili e non tollero le imprudenze

Quinta regola: manovriamo le macchine secondo le disposizioni

Lavoratore: manovro le macchine per le quali sono stato istruito

Superiore: impiego solo dipendenti che sono stati istruiti ad utilizzare le macchine edili

Sesta regola: trasportiamo e movimentiamo i carichi in sicurezza

Lavoratore: aggancio i carichi solo se sono stato istruito in materia e mi tengo lontano dalla zona di pericolo dei carichi e delle macchine edili

Superiore: faccio in modo che siano a disposizione accessori di imbracatura adeguati e faccio agganciare, trasportare e movimentare i carichi solo da personale addestrato

Settima regola: realizziamo accessi sicuri per ogni postazione di lavoro

Lavoratore: uso solo accessi sicuri

Superiore: faccio realizzare accessi sicuri e faccio in modo che lo siano sempre

Ottava regola: mettiamo in sicurezza gli scavi a partire da una profondità di 1,5 m

Lavoratore: non entro mai in uno scavo non messo in sicurezza

Superiore: faccio mettere in sicurezza gli scavi prima di farvi entrare qualcuno

Nona regola: utilizziamo i dispositivi di protezione individuale

Lavoratore: sul lavoro utilizzo i dispositivi di protezione individuale

Superiore: faccio in modo che i lavoratori ricevano e utilizzino i dispositivi di protezione individuale e questo vale anche per me

Ci soffermiamo in particolare sulla prima regola, relativa alla pianificazione accurata dei lavori.

Il documento indica che i lavori sulle vie di traffico e nel genio civile devono essere pianificati accuratamente. I pericoli legati all’ambiente circostante (traffico, linee aeree elettriche, impianti industriali, ecc.) e le condotte interrate (gas, acqua e corrente elettrica) devono essere accertati prima di iniziare i lavori. Inoltre, bisogna mettere a disposizione attrezzature di lavoro, macchinari e apparecchi adeguati.

Nelle regole vitali vengono date ulteriori informazioni sulla presenza di linee aeree elettriche, ferrovie e vie di traffico nelle zone circostanti il cantiere, sulla presenza di condotte di servizio interrate e sulle attrezzature, macchinari e apparecchi necessari.

Veniamo invece, per concludere, al dettaglio della terza regola: vedere ed essere visto.

Bisogna fare in modo che tutti i lavoratori abbiano indumenti ad alta visibilità adeguati.

In particolare gli indumenti ad alta visibilità servono a rendere riconoscibili le persone in condizioni di scarsa luminosità. Sono necessari soprattutto nelle vicinanze di macchine edili e fondamentali in condizioni di scarsa visibilità o in caso di buio.

E anche un indumento leggero deve possedere queste caratteristiche. Questi indumenti devono essere sempre indossati, anche quando fa caldo. Senza dimenticare che indumenti sporchi non sono più efficaci, e che pertanto vanno lavati regolarmente.

Il documento si sofferma anche sull’illuminazione dei posti di lavoro. Infatti i posti di lavoro devono essere correttamente illuminati (ricordarsi: vedere ed essere visti!).

Il documento di SUVA “Nove regole vitali per chi lavora sulle vie di traffico e nel genio civile” edizione agosto 2015 è scaricabile all’indirizzo:

http://www.puntosicuro.info/documenti/documenti/151002_SUVA_vademecum_stradale.pdf

 

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ESPOSIZIONE E RISCHIO AMIANTO: PROBLEMI NORMATIVI E ANALITICI

 

Da: PuntoSicuro

http://www.puntosicuro.it

30 novembre 2015

 

Indicazioni sull’esposizione ad amianto, sulle criticità normative e sulle difficoltà e problemi nelle analisi dei materiali.

La relazione richiesta dalla Legge 257/92 e i limiti di rilevabilità delle fibre di amianto.

 

La presenza diffusa di manufatti in cemento-amianto fa supporre che le esposizioni in campo edile possano costituire un reale rischio anche negli anni futuri. In particolare al momento della messa al bando le stime dei quantitativi dei Materiali Contenenti Amianto (MCA) in opera parlavano di circa 30 milioni di tonnellate di materiali compatti fuori terra e della presenza di circa 83.000 km di condotte per acquedotti e in misura minore gasdotti. E dai dati disponibili al ritmo attuale l’ultimo manufatto verrebbe rimosso tra circa 60 anni.

A presentare in questo modo la situazione dei materiali contenenti amianto in Italia è un estratto del rapporto ReNaM ( Registro Nazionale dei Mesoteliomi), in relazione al settore edile. Rapporto citato in un intervento che si è tenuto nel corso di formazione ASUR Marche e SNOP dal titolo “Asbesto, asbestosi e cancro: dal riconoscimento e controllo del rischio alla qualità della sorveglianza sanitaria degli esposti ed ex esposti” (1 ottobre 2015, Civitanova Marche).

 

L’intervento “Attualità dell’esposizione ad amianto” a cura di Stefano Silvestri (Istituto per lo Studio e la Prevenzione Oncologica Firenze), oltre a citare il rapporto ReNaM, affronta diversi aspetti del rischio amianto (livelli di esposizione, normativa, azioni di censimento, stime degli esposti, efficacia delle misure di prevenzione attuate in passato, ecc.).

Ad esempio il relatore si sofferma ampiamente sulla Legge 27 marzo 1992, n. 257 recante “Norme relative alla cessazione dell’impiego dell’amianto”, entrata in vigore il 28 aprile 1992.

 

E in particolare sulla relazione indicata all’articolo 9 (Controllo sulle dispersioni causate dai processi di lavorazione e sulle operazioni dismaltimento e bonifica) che dispone:

“1. Le imprese che utilizzano amianto, direttamente o indirettamente, nei processi produttivi, o che svolgono attività di smaltimento o di bonifica dell’amianto, inviano annualmente alle regioni, alle province autonome di Trento e di Bolzano e alle unità sanitarie locali nel cui ambito di competenza sono situati gli stabilimenti o si svolgono le attività dell’impresa, una relazione che indichi:

  1. a) i tipi e i quantitativi di amianto utilizzati e dei rifiuti di amianto che sono oggetto dell’attività di smaltimento o di bonifica;
  2. b) le attività svolte, i procedimenti applicati, il numero e i dati anagrafici degli addetti, il carattere e la durata delle loro attività e le esposizioni dell’amianto alle quali sono stati sottoposti;
  3. c) le caratteristiche degli eventuali prodotti contenenti amianto;
  4. d) le misure adottate o in via di adozione ai fini della tutela della salute dei lavoratori e della tutela dell’ambiente.
  5. Le unità sanitarie locali vigilano sul rispetto dei limiti di concentrazione di cui all’articolo 3, comma 1, e predispongono relazioni annuali sulle condizioni dei lavoratori esposti, che trasmettono alle competenti regioni e province autonome di Trento e di Bolzano ed al Ministero della sanità.
  6. Nella prima attuazione della presente legge la relazione di cui al comma 1 deve riferirsi anche alle attività dell’impresa svolte nell’ultimo quinquennio ed essere articolata per ciascun anno”.

L’intervento si sofferma anche sulla lettura e interpretazione del contenuto dell’articolo 9 della Legge 257/92, ad esempio con riferimento a quanto indicato dall’Ufficio Legislativo del Ministero della Salute.

Un’altro intervento al corso che si è soffermato sugli aspetti normativi si intitola “Igiene industriale e amianto oggi: problemi e criticità nelle analisi dei materiali e nelle misure di esposizione” ed è a cura di Cavariani della ASL di Viterbo.

Riportiamo alcune indicazioni relative al quadro normativo, un quadro che è caratterizzato dall’esistenza di fatto di un regime parallelo dovuto alla presenza contemporanea di norme comunitarie e nazionali (non sempre compatibili).

In particolare le norme sull’amianto trattano in modo abbastanza esauriente, anche per la parte analitica:

  • esposizione professionale ad amianto;
  • cessazione dell’impiego di amianto;
  • limiti per scarichi in ambiente;
  • omologazione e/o classificazione di materiali fibrosi sostitutivi dell’amianto;
  • idoneità dei laboratori pubblici e privati per l’esecuzione di analisi di amianto;
  • gestione dei rifiuti di amianto: classificazione, collocazione in discarica, recupero.

Mentre su altre questioni la normativa non è ancora perfettamente esauriente e permangono pertanto problemi di valutazione del rischio per assenza di adeguati standard e procedure:

  • gestione cemento-amianto sia coperture, sia a contatto con acqua potabile (tubazioni, serbatoi);
  • qualità dell’aria (valori limiti ambiente);
  • definizione delle esposizioni sporadiche e a debole intensità (ESEDI);
  • gestione dei siti contaminati (naturali e non);
  • definizione di procedure e metodi analitici vari.

E ci sono anche carenze in relazione ai limiti di esposizione professionale a fibre minerali artificiali: fibre ceramiche refrattarie (classificate cancerogene) e vetrose.

Un altro problema su cui si sofferma la relazione è quello tecnico, con riferimento alle problematiche analitiche dei limiti intrinseci di rilevabilità delle fibre di amianto.

Infatti la prima difficoltà è intrinseca ed è dovuta al fatto che l’amianto è propriamente definito solo attraverso la contemporanea determinazione della sua triplice natura di silicato, cristallo e fibra. Nella determinazione dell’amianto è indispensabile determinarne la chimica, la mineralogia, la morfologia.

Inoltre la criticità della natura fibrosa come causa degli effetti dannosi si è manifestata dai numerosi studi clinici ed epidemiologici e ha portato i medici del lavoro a basare la valutazione di rischio di esposizione a fibre secondo il loro numero e la dimensione.

 

Tuttavia per le dimensioni delle fibre non vi sono modelli di respirabilità come per le polveri tali da mettere a punto dispositivi per la selezione aerodinamica (ad esempio cicloni o simili) già in fase di campionamento. Per le fibre si utilizza un criterio puramente geometrico che il microscopista applicherà ad ogni fibra.

Si segnala poi che non in tutte le circostanze le norme prevedono di contare le fibre, ma a seconda della matrice (e del contesto normativo) si devono adottare metodiche analitiche diverse (nell’intervento sono indicate diverse metodologie).

E per ottenere campioni finali leggibili allo strumento (ad esempio microscopio o diffrattometro), è necessario ridurli in polvere il che comporta la macinazione del campione di partenza. Macinare significa alterare il parametro “liberabilità” delle fibre e le loro dimensioni, inoltre lo stress da macinazione influenza fortemente la risposta strumentale.

Il problema analitico è pertanto complesso e, anche il legislatore nell’introduzione ai metodi analitici dell’Allegato I del D.M.06/09/94 indica che a tutt’oggi non è stata data una soluzione soddisfacente.

Tuttavia in particolari condizioni e per determinati intervalli di significatività (che non necessariamente coincidono con gli intervalli di applicazione delle norme) le analisi possono essere effettuate e possono essere forniti dati riproducibili. Con queste premesse è possibile affrontare il panorama delle determinazioni analitiche più importanti per amianto (e fibre minerali) e i relativi limiti.

Il documento “Attualità dell’esposizione ad amianto” a cura di Stefano Silvestri (Istituto per lo Studio e la Prevenzione Oncologica Firenze) è scaricabile all’indirizzo:

http://www.puntosicuro.info/documenti/documenti/151116_amianto_attualita_esposizione.pdf

 

Il documento “Igiene industriale e amianto oggi: problemi e criticità nelle analisi dei materiali e nelle misure di esposizione” a cura di Cavariani (ASL Viterbo) è scaricabile all’indirizzo:

http://www.puntosicuro.info/documenti/documenti/151116_amianto_analisi_esposizione.pdf

 

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RADIAZIONI OTTICHE ARTIFICIALI: COSA DEVONO FARE LE AZIENDE?

 

Da: PuntoSicuro

http://www.puntosicuro.it

04 dicembre 2015

di Tiziano Menduto

 

Un intervento riporta alcuni concetti base delle radiazioni ottiche e indica cosa devono fare le aziende se sono presenti sorgenti di ROA.

In quali casi si può ritenere giustificato il non procedere ad una valutazione dettagliata?

 

Non è mai facile parlare delle radiazioni elettromagnetiche e dei rischi correlati per i lavoratori esposti. E’ un tema tecnico, che presuppone alcune conoscenze di base per poter comprendere, ad esempio, le differenze tra le tipologie di radiazioni e i possibili effetti sulla salute dei lavoratori.

Per questo motivo ci soffermiamo oggi sui concetti base relativi a quelle particolari radiazioni elettromagnetiche che chiamiamo “Radiazioni Ottiche Artificiali” (ROA). E lo facciamo attraverso il contenuto di un intervento che si è tenuto al seminario “Campi elettromagnetici negli ambienti di lavoro”, promosso da Assoservizi e Unindustria Rimini, in collaborazione con Elettroprogetti (19 Maggio 2015, Rimini).

 

L’intervento “Radiazioni Ottiche Artificiali”, a cura dello Studio Tecnico Elettroprogetti, riporta infatti alcuni concetti base che possono essere utili alle aziende per sapere come comportarsi con le sorgenti di ROA.

L’intervento ricorda innanzitutto che per radiazioni ottiche si intendono tutte le radiazioni elettromagnetiche nella gamma di lunghezza d’onda compresa tra 100 nm (nanometri) e 1 mm e lo spettro delle radiazioni ottiche si suddivide in radiazioni ultraviolette, radiazioni visibili e radiazioni infrarosse:

  • radiazioni ultraviolette: radiazioni ottiche di lunghezza d’onda compresa tra 100 e 400 nm; la banda degli ultravioletti è suddivisa in UVA (315-400 nm), UVB (280-315 nm) e UVC (100-280 nm);
  • radiazioni visibili: radiazioni ottiche di lunghezza d’onda compresa tra 380 e 780 nm;
  • radiazioni infrarosse: radiazioni ottiche di lunghezza d’onda compresa tra 780 nm e 1 mm; la regione degli infrarossi è suddivisa in IRA (780-1.400 nm), IRB (1.400-3.000 nm) e IRC (3000 nm-1 mm).

Inoltre le sorgenti di radiazioni ottiche sono classificate in coerenti e non coerenti.

Le prime emettono radiazioni in fase fra di loro (i minimi e i massimi delle radiazioni coincidono), e sono generate da laser, mentre le seconde emettono radiazioni sfasate e sono generate da tutte le altre sorgenti non laser e dal sole.

Inoltre tutte le radiazioni ottiche non generate dal sole (radiazioni ottiche naturali) sono di origine artificiale, cioè sono generate artificialmente da apparati.

L’intervento si sofferma ampiamente sui principali effetti dannosi per la salute del lavoratore della radiazione ottica.

Ad esempio riguardo ai principali effetti dannosi sull’occhio e la pelle si indica che la tipologia di effetti associati all’esposizione a ROA dipende dalla lunghezza d’onda della radiazione incidente, mentre dall’intensità dipendono sia la possibilità che questi effetti si verifichino che la loro gravità.

Nelle slide dell’intervento è presente una tabella contenente i possibili effetti dannosi in relazione alla lunghezza d’onda.

E oltre ai rischi per la salute dovuti all’esposizione diretta alle radiazioni ottiche artificiali esistono ulteriori rischi indiretti da prendere in esame quali:

  • sovraesposizione a luce visibile: disturbi temporanei visivi, quali abbagliamento, accecamento temporaneo;
  • rischi di incendio e di esplosione innescati dalle sorgenti stesse e/o dal fascio di radiazione;
  • ulteriori rischi associati alle apparecchiature/lavorazioni che utilizzano ROA quali stress termico, contatti con superfici calde, rischi di natura elettrica, di esplosioni od incendi come nel caso di impiego di laser di elevata potenza.

E la qualità degli effetti, la loro gravità, o la probabilità che alcuni di essi si verifichino dipendono dalla esposizione radiante, dalla lunghezza d’onda della radiazione e, per quanto riguarda alcuni effetti sulla pelle, dalla fotosensibilità individuale che è una caratteristica geneticamente determinata.

Il documento si sofferma nel dettaglio dei possibili effetti sugli occhi.

Veniamo ora agli aspetti normativi e alla valutazione dei rischi.

L’intervento segnala il Titolo VIII (Agenti Fisici), Capo V (Protezione dei lavoratori dai rischi di esposizione a radiazioni ottiche artificiali) del Decreto Legislativo 9 Aprile 2008 n. 81 e i vari articoli presenti (articolo da 213 a218).

 

Vengono ricordate anche alcune grandezze fisiche e unità di misura:

  • irradianza (E) o densità: la potenza radiante incidente per unità di area su una superficie espressa in W/m2;
  • esposizione radiante (H): integrale nel tempo dell’irradianza espressa in J/m2;
  • radianza (L): il flusso radiante o la potenza per unità di angolo solido per unità di superficie;
  • livello: la combinazione di irradianza, esposizione radiante e radianza alle quali è esposto un lavoratore.

L’intervento si sofferma poi sullo spettro di una sorgente (la radiazione ottica artificiale è sempre prodotta da una sorgente e le sorgenti possono avere uno spettro di emissione diverso) e sui limiti di esposizione. Il rispetto dei limiti di esposizione garantisce i lavoratori esposti a ROA dagli effetti nocivi sugli occhi e sulla cute.

Si segnala che in data 26 aprile 2010 è entrato in vigore il Capo V del titolo VIII del D.Lgs.81/08 sulla protezione dei lavoratori dai rischi fisici associati all’esposizione alle Radiazioni Ottiche Artificiali (ROA).

Ma quali sono i rischi per la salute e la sicurezza che si vogliono prevenire?

In generale i rischi che il legislatore intende prevenire sono quelli per la salute e la sicurezza che possono derivare dall’esposizione o dal loro impiego durante il lavoro, con particolare riguardo agli effetti nocivi sugli occhi e sulla cute, inoltre non bisogna dimenticare il rischio di incendio e di esplosione, stress termico, contatti con superfici calde, rischi di natura elettrica.

Dato poi che l’articolo 28 del Testo Unico impone la valutazione di “tutti i rischi per la salute e la sicurezza dei lavoratori” si comprende dunque come il Datore di lavoro debba intervenire in azienda per verificare la necessità o meno di svolgere studi approfonditi.

In particolare cosa deve fare l’azienda?

Innanzitutto è necessario fare il censimento delle sorgenti di emissione.

Nelle slide dell’intervento sono indicati vari esempi di radiazioni ottiche artificiali nelle attività lavorative.

Inoltre è necessario verificare la disponibilità in azienda di:

  • dati forniti dai fabbricanti;
  • documenti tecnici/dati di letteratura che trattano analoghe sorgenti;
  • norme tecniche specifiche riguardanti la classificazione delle sorgenti.

 

E si deve passare poi alla identificazione delle modalità espositive:

  • le modalità di impiego (ad esempio ciclo chiuso);
  • i locali in cui sono adoperati;
  • i tempi di esposizione dei lavoratori.

E in quali casi si può ritenere giustificato il non procedere a una valutazione dettagliata (che non significa non fare la valutazione).

Il relatore indica che costituisce esperienza condivisa che talune sorgenti di radiazioni ottiche, nelle corrette condizioni di impiego, non danno luogo ad esposizioni tali da presentare rischi per la salute e la sicurezza; in questi casi è giustificato non dover procedere a una valutazione del rischio più dettagliata. Sono giustificabili tutte le apparecchiature che emettono radiazione ottica non coerente classificate nella categoria 0 secondo lo standard UNI EN 12198:2009 così come le lampade anche a led classificate nel gruppo “Esente” dalla norma CEI EN 62471:2009 (esempi di sorgenti di gruppo esente sono l’illuminazione standard per uso domestico e di ufficio, i monitor dei computer, i display, le fotocopiatrici, le lampade e i cartelli di segnalazione luminosa); tutte la sorgenti laser classificate nelle classi 1 e 2 secondo Io standard IEC 60825.

E per le sorgenti di ROA classificate come “giustificabili” non è necessario effettuare la valutazione del rischio, ma è obbligatoria la redazione del documento che attesti il censimento e la classificazione delle stesse.

E in quali casi si deve procedere ad una valutazione dettagliata?

Il relatore indica che l’approfondimento della valutazione del rischio dovrà essere comunque realizzato nei seguenti casi:

  • laser di categoria 1M, 2M 3R, 3B e 4 (nella nuova classificazione) o nelle classi 3A, 3B e 4 nella vecchia classificazione;
  • saldatura elettrica ad arco;
  • utilizzo di plasma per il taglio e la saldatura;
  • lampade germicide;
  • sistemi LED per fototerapia;
  • lampade abbronzanti;
  • lampade ad alogenuri metallici;
  • corpi incandescenti (metalli o vetro liquido);
  • apparecchi con sorgenti IPL per uso medico od estetico.

E quando è necessario attivare la sorveglianza sanitaria?

Sicuramente per quei lavoratori che sulla base della valutazione del rischio, debbano indossare DPI degli occhi o della pelle in quanto potrebbero risultare esposti a livelli superiori ai valori limite.

Concludiamo ricapitolando i passi da seguire indicati nella relazione:

  • censire le proprie attrezzature identificando quelle che possono emettere ROA;
  • se presenti, recuperare la documentazione del costruttore;
  • nel caso siano sorgenti ROA giustificabili non e’ necessario eseguire una valutazione di dettaglio, ma andrà comunque integrato il documento di valutazione dei rischi, per cui assieme al consulente si provvederà ad aggiornare celermente la documentazione essendo un adempimento già in vigore (26 aprile 2010);
  • nel caso siano sorgenti ROA non giustificabili è quindi necessario procedere a una valutazione di dettaglio, forse di tipo strumentale; in tal caso si suggerisce una riunione ad hoc con il consulente per valutare i passi da seguire sempre considerato il fatto che parliamo di un adempimento già in vigore.

Il documento “Radiazioni Ottiche Artificiali”, a cura dello Studio tecnico Associato Elettroprogetti è scaricabile all’indirizzo:

http://www.puntosicuro.info/documenti/documenti/150526_CEM_concetti_base_ROA.pdf

 

 

L’articolo SICUREZZA SUL LAVORO: KNOW YOUR RIGHTS! – NEWSLETTER N.236 DEL 07/12/15 sembra essere il primo su Medicina Democratica.

Medicina narrativa in ebook

Finalmente in e-book il libro di Giorgio Bert.

La medicina narrativa costituisce una delle anime di Slow Medicine. Il libro di Giorgio Bert che ne definisce le basi e i significati ( Medicina narrativa, storie e parole nella relazione di cura) pubblicato dal Pensiero Scientifico nel 2007, è ora anche disponibile in formato elettronico.

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Dopo la Global Climate March…IO RESTO VERDE_12 Dicembre

Dopo la grande manifestazione mondiale del 29 Novembre (dove a Torino sono scese in piazza migliaia di persone), il nascente coordinamento Torinese per la Marcia per il Clima non si ferma!

Nell’incontro del 2 dicembre si sono riunite un centinaio di persone e rappresentanti di oltre 30 associazioni, decisi ad agire qui ed ora per promuovere la sostenibilità, mettendosi in rete… perché solo insieme possiamo avere qualche chance di vincere quest’enorme sfida che abbiamo davanti.

Il prossimo evento sarà il 12 Dicembre (ore 15.00-15.15), sempre in piazza Castello. Ci troveremo per un flashmob di circa 15 minuti che a seconda degli esiti della COP21 sarà un momento di festa o di protesta.

Venite in bici o a piedi, ma vestiti di verde. In caso di protesta abbiamo pensato ad un bell’evento creativo che non potrà non creare curiosità di media e cittadini..

Il nascente Coordinamento Torinese per la Marcia per il Clima

SICUREZZA SUL LAVORO: KNOW YOUR RIGHTS! – NEWSLETTER N.235 DEL 02/12/15

SICUREZZA SUL LAVORO: KNOW YOUR RIGHTS! – NEWSLETTER N.235 DEL 02/12/15

 

INDICE

  • I pareri della Commissione degli Interpelli – n.3
  • Lo sfruttamento sul posto di lavoro peggiora vita e salute
  • Mobbing: il danno esistenziale va risarcito solo se è provato il peggioramento di vita del lavoratore
  • Presente e futuro della normativa: Jobs Act, Accordi RSPP e SINP
  • Lgs.151/15: i compiti di primo soccorso e prevenzione incendi
  • Il fumo passivo negli ambienti di lavoro

 

Invito ancora tutti i compagni della mia mailing list che riceveranno queste notizie a diffonderle in tutti i modi.

La diffusione è gradita e necessaria. L’obiettivo è quello di diffondere il più possibile la cultura della salute e della sicurezza e la consapevolezza dei diritti dei lavoratori a tale proposito.

L’unica preghiera, per gli articoli firmati da me, è quella di citare la fonte.

 

Marco Spezia

ingegnere e tecnico della salute e della sicurezza sul lavoro

Progetto “Sicurezza sul Lavoro! Know Your Rights”

Medicina Democratica

sp-mail@libero.it

https://www.facebook.com/profile.php?id=100007166866156

http://www.medicinademocratica.org/wp/?cat=210

 

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I PARERI DELLA COMMISSIONE DEGLI INTERPELLI – N.3

 

L’articolo 12 del D.Lgs.81/08 (Testo Unico sulla sicurezza) ha previsto la costituzione della Commissione degli Interpelli, composta da rappresentanti del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, del Ministero della salute, della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome con lo scopo di rispondere a “quesiti di ordine generale sull’applicazione della normativa in materia di salute e sicurezza del lavoro” posti da Organismi associativi, Enti pubblici, Organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori, Consigli nazionali degli ordini.

La Commissione degli Interpelli è stata effettivamente costituita con Decreto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali del 28 settembre 2011.

Secondo il comma 3 dell’articolo 12 del D.Lgs.81/08 “Le indicazioni fornite nelle risposte ai quesiti di cui al comma 1 [quelli posti alla Commissione] costituiscono criteri interpretativi e direttivi per l’esercizio delle attività di vigilanza”.

Riporto pertanto in una nuova rubrica della mia newsletter tali pareri con il link per scaricare il testo completo del quesito e del parere della Commissione.

Marco Spezia

 

 

OBBLIGO VISITA MEDICA PREVENTIVA PER STAGISTA MINORENNE

Interpello in materia di sicurezza n.1 del 2 maggio 2013

 

RICHIEDENTE

Federcasse e Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro

 

QUESITO

L’interpello è relativo alla corretta interpretazione della norma di cui all’articolo 41 del D.Lgs.81/08, con particolare riferimento all’obbligo di effettuare la visita medica preventiva nei confronti dei soggetti minori di età, i quali, in veste di partecipanti ai corsi di istruzione/formazione scolastica (stage), siano coinvolti in momenti di alternanza scuola/lavoro ovvero effettuino un periodo di tirocinio formativo e di orientamento presso le aziende.

In particolare l’interpello pone i seguenti quesiti alla Commissione:

  • se una banca che impegni in stage o tirocini formativi, i soggetti minori di età sia tenuta a sottoporre tali soggetti a visita medica preventiva ai sensi dell’articolo 41 del D.Lgs.81/08;
  • se agli allievi che seguono corsi di formazione professionale nei quali si fa uso di laboratori, attrezzature di lavoro in genere, agenti chimici e fisici, ivi comprese le apparecchiature fornite di videoterminali (dato che ai sensi dell’articolo 2 comma 1, lettera a), del D.Lgs.81/08, limitatamente ai periodi in cui gli allievi sono effettivamente applicati alla strumentazione o ai laboratori in questione, essi sono equiparati ai lavoratori) sia applicabile la normativa sul lavoro minorile (Legge 977/67) in particolar modo l’articolo 8;
  • se, anche alla luce del D.Lgs.81/08, lo stagista minorenne deve essere sottoposto a visita medica preventiva, premesso che ai sensi e per gli effetti della Legge 977/67, lo studente minorenne di un istituto scolastico in nessun caso acquista la qualifica giuridica di “lavoratore minore”, tanto è che nel campo di applicazione di tale normativa rientrano esclusivamente “i minori di diciotto anni che hanno un contratto o un rapporto di lavoro, anche speciale, disciplinato dalle norme vigenti”; contemplandosi, quindi, tutti i rapporti di lavoro, anche di natura autonoma, inclusi quelli speciali dell’apprendistato, il lavoro a domicilio, ecc., ma non i rapporti didattici che coinvolgono gli studenti quand’anche partecipanti a stage formativi presso imprese terze rispetto all’Istituto scolastico.

 

CHIARIMENTO

Riguardo agli interpelli posti la Commissione ha ritenuto formulare un’unica risposta in considerazione della circostanza che le questioni poste hanno caratteristiche analoghe.

Lo stage, o tirocinio formativo e di orientamento, rappresenta una forma d’inserimento temporaneo all’interno dell’azienda, non costituente rapporto di lavoro, finalizzato a consentire ai soggetti coinvolti di conoscere e di sperimentare in modo concreto il mondo del lavoro, attraverso una formazione e un addestramento pratico direttamente in azienda.

Il rapporto, regolato da un’apposita convenzione, coinvolge tre soggetti:

  • il soggetto promotore che procede all’attivazione dello stage;
  • il tirocinante che, di fatto, è il soggetto beneficiario dell’esperienza di stage;
  • azienda ospitante.

La Legge 977/67 si applica ai minori di 18 anni che hanno un contratto o un rapporto di lavoro, anche speciale (come ad esempio, l’apprendistato e il lavoro a domicilio).

Ai sensi dell’articolo 8 della Legge 977/67, gli adolescenti possono essere ammessi al lavoro a condizione che venga riconosciuta, mediante una visita medica preassuntiva, l’idoneità degli stessi all’attività lavorativa cui saranno adibiti. Tale idoneità deve essere accertata, in seguito, con visite periodiche da effettuare almeno una volta l’anno. I minori che sono inidonei a un determinato lavoro non possono esser ulteriormente adibiti allo stesso.

Ai sensi dell’articolo 2 del D.Lgs.81/08, i soggetti beneficiari delle iniziative di tirocini formativi e di orientamento, nonché gli allievi degli istituti di istruzione e universitari e i partecipanti ai corsi di formazione professionale nei quali si faccia uso di laboratori, attrezzature di lavoro in genere, agenti chimici, fisici e biologici, ivi comprese le apparecchiature fornite di videoterminali limitatamente ai periodi in cui l’allievo sia effettivamente applicato alla strumentazioni o ai laboratori in questione, sono equiparati ai lavoratori ai fini e agli effetti delle disposizioni di cui al D.Lgs.81/08.

L’equiparazione fatta dall’articolo 2 del D.Lgs.81/08, tra i soggetti anzidetti e i lavoratori che, indipendentemente dalla tipologia contrattuale, svolgono un’attività lavorativa, ha valenza solo e unicamente per le misure di salute e sicurezza previste dal D.Lgs.81/08, misure che devono pertanto essere attuate anche nei confronti di coloro che sono equiparati ai lavoratori.

Al riguardo si osserva che, a norma dell’articolo 41 del D.Lgs.81/08, l’obbligo di attivazione della sorveglianza sanitaria sussiste, nei casi previsti dalla normativa vigente, anche nei riguardi dei soggetti equiparati ai lavoratori quali i tirocinanti, di cui all’articolo 18 della Legge 196/97, gli allievi degli istituti di istruzione e universitari e i partecipanti ai corsi di formazione professionale nei quali si faccia uso di laboratori, attrezzature di lavoro in genere, agenti chimici, fisici e biologici, ivi comprese le apparecchiature fornite di videoterminali limitatamente ai periodi in cui l’allievo sia effettivamente applicato alla strumentazioni o ai laboratori in questione.

Da quanto richiamato si evince che l’obbligatorietà della visita di cui all’articolo 8 della legge 977/67 vige solo nei casi in cui vi sia un rapporto di lavoro, anche speciale, circostanza che non sussiste per “l’adolescente stagista” e “lo studente minorenne” che dovranno pertanto essere sottoposti a sorveglianza sanitaria solo nei casi previsti dalla normativa vigente.

 

Il testo completo dell’Interpello in materia di sicurezza n.1 del 2 maggio 2013 è scaricabile al link:

http://www.dottrinalavoro.it/wp-content/uploads/2015/03/is-2013.01.pdf

 

 

REQUISITI PROFESSIONALI DEL COORDINATORE PER LA PROGETTAZIONE E PER L’ESECUZIONE DEI LAVORI

Interpello in materia di sicurezza n.2 del 2 maggio 2013

 

RICHIEDENTE

Consiglio Nazionale degli Ingegneri

 

QUESITO

Il Consiglio Nazionale degli Ingegneri ha avanzato istanza di interpello per conoscere il parere della Commissione in merito alla documentazione che il coordinatore per la progettazione o l’esecuzione dei lavori deve possedere per comprovare il periodo di attività lavorativa nel settore delle costruzioni, ai sensi dell’articolo 98, comma 1, lettere a), b) e c) del D.Lgs.81/08.

In particolare l’interpellante ha prodotto un elenco esemplificativo e non esaustivo delle attività svolte con riferimento a cantieri temporanei o mobili, come definiti dall’articolo 89, comma 1, lettera a) del D.Lgs.81/08, atte a integrare il requisito in questione.

L’elenco è il seguente:

  • attività di direttore di cantiere;
  • attività di capo cantiere;
  • attività di capo squadra;
  • attività di direttore dei lavori;
  • attività di direttore operativo di cantiere;
  • attività di assistente ai soggetti di cui ai punti precedenti con mansioni che comportino precipuamente la frequentazione del cantiere;
  • attività di responsabile d’azienda per la sicurezza in lavorazioni di cantiere anche specifiche;
  • attività di responsabile dei lavori;
  • attività di datore di lavoro di impresa operante nel settore delle costruzioni;
  • attività di progettazione nel settore delle costruzioni, in aggiunta ad altre attività di cui ai punti precedenti.

 

CHIARIMENTO

L’articolo 98, comma 1, lettere a), b) e c), del D.Lgs.81/08 definisce i requisiti professionali del coordinatore per la progettazione e del coordinatore per l’esecuzione dei lavori.

In particolare questi soggetti devono essere in possesso di una laurea magistrale o specialistica o di una laurea, conseguite in una delle classi indicate nel citato articolo 98, oppure di un diploma di geometra o perito industriale o perito agrario o agrotecnico, nonché documentare l’espletamento di attività lavorativa nel settore delle costruzioni.

Ai fini della individuazione delle attività lavorative, nel settore delle costruzioni, atte a soddisfare il requisito previsto dall’articolo 98, comma 1, si ritiene che tutte le attività indicate nell’elenco presentato dall’interpellante, pur non esaustivo, siano coerenti con le finalità normative.

Le attività svolte devono fare riferimento ai cantieri temporanei e mobili, cosi come definiti dell’articolo 89, comma 1, lettera a), del D.Lgs.81/08.

 

Il testo completo dell’Interpello in materia di sicurezza n.2 del 2 maggio 2013 è scaricabile al link:

http://www.dottrinalavoro.it/wp-content/uploads/2015/03/is-2013.02.pdf

 

 

OBBLIGO DI REDAZIONE DEL PSC E LAVORAZIONI URGENTI

Interpello in materia di sicurezza n.3 del 2 maggio 2013

 

RICHIEDENTE

Federazione delle Imprese Energetiche e Idriche

 

QUESITO

La Federazione delle Imprese Energetiche e Idriche ha chiesto alla Commissione di pronunciarsi riguardo alla corretta interpretazione dell’articolo 100, comma 6, del D.Lgs.81/08, laddove prevede che le disposizioni sul Piano di Sicurezza e Coordinamento (di seguito, PSC), ove previsto, “non si applicano ai lavori la cui esecuzione immediata è necessaria per prevenire incidenti imminenti o per organizzare urgenti misure di salvataggio o per garantire la continuità in condizioni di emergenza nell’erogazione di servizi essenziali per la popolazione quali corrente elettrica, acqua, gas, reti di comunicazione”.

Al riguardo, la richiedente ha evidenziato che:

  • le aziende “multiutility” (aziende di servizi pubblici locali che operano nei settori dell’energia elettrica, del gas, dell’acqua e dei servizi funerari) che si occupano della erogazione di servizi “a rete” sul territorio, provvedono anche al pronto intervento per garantire la continuità nell’erogazione dei servizi e per garantire la sicurezza delle persone;
  • in territori anche ampi (si pensi ad una Provincia) a possibile che simili interventi siano anche migliaia in un anno;
  • i lavori di pronto intervento sono caratterizzati da una grande ripetitività consistendo spesso in attività di poche ore e di limitata entità (anche in termini di uomini-giorno);
  • a titolo esemplificativo, i lavori di pronto intervento sono relativi ai seguenti servizi: acqua potabile; acque reflue; gas (metano e GPL); teleriscaldamento; energia elettrica; telecomunicazioni; reti informatiche;
  • i suddetti lavori di pronto intervento tesi a garantire la continuità dei servizi essenziali per la popolazione si compongono di attività sequenziali quali: ricerca e individuazione del guasto; apertura e/o sezionamento tratto guasto; alimentazione di emergenza; accesso e scavo; riparazione e sostituzione del tratto di rete; ripristino normale configurazione di rete ripristino e collaudo di reti di comunicazione;
  • in relazione a tali lavori le aziende “multiutility” sono solite predisporre singole procedure operative per ogni tipologia di lavori, che comprendono la redazione di PSC per ogni singola tipologia di attività, e applicano tutte le disposizioni di cui al Titolo IV del D.Lgs.81/08 (quali, ad esempio, quelle relative alla notifica preliminare di cui all’articolo 99 e alla verifica della redazione del Piano Operativo di Sicurezza di cui all’articolo 89, comma 1, lettera h) da parte dei datori di lavoro delle imprese affidatarie ed esecutrici).

 

CHIARIMENTO

Al riguardo, va evidenziato che l’articolo 100, comma 6 del D.Lgs.81/08 dispone che: “Le disposizioni del presente articolo non si applicano ai lavori la cui esecuzione immediata è necessaria per prevenire incidenti imminenti o per organizzare urgenti misure di salvataggio o per garantire la continuità in condizioni di emergenza dell’erogazione dei servizi pubblici essenziali per la popolazione quali corrente elettrica, gas, reti di comunicazione”.

Tale disposizione è quella risultante all’esito della modifica introdotta dal D.Lgs.106/09, in ordine alla quale, in sede di Relazione illustrativa del provvedimento è dato leggere quanto segue: “L’articolo 100 viene modificato in modo che non sia necessaria la redazione del Piano di Sicurezza e Coordinamento quando sia necessario garantire la continuità essenziali per la popolazione”.

La Commissione ritiene opportuno rimarcare come la previsione del comma 6 dell’articolo 100 del D.Lgs.n.81/08 si riferisca anche a ipotesi nelle quali è necessario contemperare tra loro esigenze di livello costituzionale, quali la tutela della salute e sicurezza sul lavoro e l’erogazione (o la continuità nella erogazione) di servizi pubblici essenziali per la popolazione.

In simili situazioni, il Legislatore ha ritenuto opportuno favorire la rapidità nello svolgimento dei lavori prevedendo che i medesimi lavori si possano svolgere anche senza la redazione di un PSC.

Ciò, beninteso, ferma restando la necessità di applicare, senza altre eccezioni, ogni altra disposizione del D.Lgs.81/08 in particolare, del Titolo IV, che regolamenta i lavori nei “cantieri temporanei e mobili” del medesimo Decreto.

In relazione a tale regolamentazione legislativa, la Commissione ritiene che i lavori necessari a garantire la continuità nell’erogazione di servizi essenziali per la popolazione (quali, ad esempio, quelli relativi alla erogazione di acqua, energia elettrica, gas o alla funzionalità delle reti informatiche) possano essere effettuati senza necessità di redazione del PSC a condizione che essi siano lavori necessari a fronteggiare una emergenza nella erogazione o comunque garantire la continuità della erogazione dei servizi essenziali per la popolazione, la cui interruzione determina in ogni caso l’insorgere di un’emergenza. In questo senso l’articolo 100, comma 6 del predetto D.Lgs.81/08 prevede che il PSC possa non essere redatto per quei lavori la cui esecuzione immediata è necessaria per prevenire incidenti imminenti.

 

Il testo completo dell’Interpello in materia di sicurezza n.3 del 2 maggio 2013 è scaricabile al link:

http://www.dottrinalavoro.it/wp-content/uploads/2015/03/is-2013.03.pdf

 

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LO SFRUTTAMENTO SUL POSTO DI LAVORO PEGGIORA VITA E SALUTE

 

Da Cortocircuito

http://www.inventati.org/cortocircuito

 

LO SFRUTTAMENTO SUL POSTO DI LAVORO PEGGIORA VITA E SALUTE: UN INTERVENTO DEI DELEGATI FIOM AL CONGRESSO NAZIONALE DI MEDICINA DEMOCRATICA

 

Sono una delegata RSU e RLS in Piaggio, azienda con circa 3.000 dipendenti di cui 2.000 operai.

Insieme ad altri lavoratori e delegati (della RSU FIOM) provo a dare il mio contributo a una linea sindacale, nata in Piaggio a metà anni ‘90, di contrasto alle pretese aziendali, ma anche a quella pratica sindacale, che ha una maggioranza praticamente assoluta nelle dirigenze sindacali, e che ha contribuito fortemente al nostro indebolimento di operai.

Accordi che hanno accettato lavoro precario, aumento della produttività e flessibilità, sono stati passaggi determinanti che hanno peggiorato notevolmente la nostra vita e la nostra salute, e segnato un distacco tra sindacato e lavoratori.

 

Spesso, anche all’interno della CGIL ci accusano di non firmare gli accordi.

Sì in questi anni non abbiamo firmato questi tipi di accordi e lo rivendichiamo, lo consideriamo l’unica cosa da fare per tenere aperta una prospettiva che porti verso accordi migliorativi, una resistenza necessaria da parte dei delegati di fabbrica che negli ultimi anni sono riusciti a metterla a tacere in tante realtà, spingendo queste forze essenziali nello scoraggiamento.

Pensiamo sia quindi utile tenere un rapporto di confronto e sostegno soprattutto con chi svolge tutti i giorni questa attività di resistenza e verità nei posti di lavoro per ristabilire una vera contrattazione tra padroni e lavoratori rispettando alcuni punti fermi consolidati dalle lotte di chi ci ha preceduto.

 

In questo senso diventa dirimente rendere veramente partecipi i lavoratori delle piattaforme rivendicative da presentare alla controparte e renderli protagonisti delle vertenze con la discussione e la lotta. Solo per questa via è possibile ritrovare un rapporto di forza più favorevole.

 

Oggi, invece il sindacato viene di fatto utilizzato, dalle aziende per ottenere, da un lato ammortizzatori sociali e licenziamenti mascherati e, dall’altro, aumento della flessibilità e della produttività. Questo fino a prima della crisi avveniva con uno scambio a perdere per il lavoratore, ora invece questi accordi si basano solamente sulla paura della perdita del lavoro.

Anche sugli aspetti specifici della sicurezza abbiamo imparato sulle nostre braccia che non possiamo affidarci a una legge, buona o cattiva che sia, perché un’azienda medio grande è in grado di organizzarsi e far apparire migliorata una situazione che migliorata non è.

 

Ad esempio sui rischi da movimenti ripetitivi in catena, di fronte alle nostre denuncie, la Piaggio ha pensato di mettersi al sicuro pagando dei consulenti che attraverso l’applicazione di un metodo riconosciuto, l’OCRA, sono riusciti a far diventare sicure, a costo 0, postazioni di lavoro senza interventi significativi.

Questo è stato possibile, nonostante l’alto numero di malattie professionali e di operai che hanno conseguito, per il lavoro che fanno, ridotte capacità lavorative, grazie al fatto che queste valutazioni non sono verificabili da noi e spesso gli organi di sorveglianza si accontentano di una valutazione del rischio solamente formale senza andare a fondo dei problemi.

 

Anche il metodo per la valutazione dello stress-termico, dopo una denuncia che facemmo alla USL, la USL inviò la denuncia alla Procura della Repubblica e la Procura della Repubblica incaricò un tecnico che impose all’azienda la valutazione del rischio caldo con un calcolo WGBT che non ha portato nessun risultato ai lavoratori che operano in reparti non climatizzati, anzi con questo sistema di calcolo l’azienda risulta in regola ed è stata anche premiata per buona prassi e i lavoratori continuano a lavorare in reparti dove la temperatura in estate supera anche 40° in alcune ore giornaliere.

 

Ci chiediamo spesso a chi sono utili questi metodi utilizzati da alcune aziende per le valutazioni dei rischi? Se in questi anni con una valutazione OCRA, o NIOSH o WBGT le condizioni di lavoro dei lavoratori sono peggiorate!

 

Per questo siamo convinti che il cambiamento possa ripartire solamente dai lavoratori e dalla loro ritrovata consapevolezza.

 

Adriana Tecce RLS e RSU FIOM

con la condivisione di:

Massimo Cappellini RSU FIOM

Massimiliano Malventi RSU FIOM

Rossella Porticati RSU FIOM

Giorgio Guezze RSU FIOM

Antonella Bellagamba Direttivo FIOM

 

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MOBBING: IL DANNO ESISTENZIALE VA RISARCITO SOLO SE È PROVATO IL PEGGIORAMENTO DI VITA DEL LAVORATORE

 

Da Studio Cataldi

http://www.studiocataldi.it

30 novembre 2015

di Lucia Izzo

 

Per la Cassazione, non basta l’isolamento, il demansionamento o la forzata inoperosità: deve provarsi l’alterazione dello stile di vita.

 

In caso di condotte persecutorie da parte del datore di lavoro (cosiddetto mobbing) il danno esistenziale al lavoratore non può essere liquidato laddove manchino concreti elementi indicativi di un peggioramento del suo stile di vita.

Il danno esistenziale, infatti, essendo legato indissolubilmente alla persona, necessita imprescindibilmente di precise indicazioni che solo il soggetto danneggiato può fornire, indicando le circostanze comprovanti l’alterazione delle sue abitudini di vita.

 

Lo ha stabilito la Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, nella sentenza n. 23837/2015 nel decidere una controversia in tema di “mobbing” e circa il risarcimento del cosiddetto danno esistenziale che, nel caso di specie, era stato prima riconosciuto dal giudice di prime cure e poi escluso dalla Corte d’Appello.

 

Palese la condotta “mobbizzante” posta in essere dal datore, per non aver il ricorrente avuto accesso ad alcun corso di qualificazione istituito per i dipendenti, restando così emarginato dal contesto della ristrutturazione e ammodernamento dell’azienda; a ciò si aggiungono le pretestuose iniziative disciplinari di cui il lavoratore è stato oggetto, oltre che le condotte di ferma resistenza alle pronunce giudiziali che ne imponevano il tangibile riconoscimento professionale.

 

Ciò non era bastato ai giudici per accogliere la pretesa attinente al danno cosiddetto esistenziale, stante la mancata allegazione e prova di episodi attestanti l’effettiva mutazione “in peius” del trend di vita.

Dello stesso avviso anche gli Ermellini: non è sufficiente la prova della dequalificazione, dell’isolamento, della forzata inoperosità, dell’assegnazione a mansioni diverse e inferiori a quelle proprie, perché questi elementi integrano l’inadempimento del datore, ma, dimostrata questa premessa, è poi necessario dare la prova che tutto ciò, concretamente, ha inciso in senso negativo nella sfera del lavoratore, alterandone l’equilibrio e le abitudini di vita.

 

Il danno esistenziale, strettamente collegato alla persona, non è passabile di determinazione secondo il sistema tabellare come avviene per il danno biologico, in cui si manifesta l’uniformità dei criteri medico legali applicabili in relazione alla lesione dell’indennità psicofisica.

 

D’altronde, non può escludersi che la lesione degli interessi relazionali, connessi al rapporto di lavoro, resti sostanzialmente priva di effetti, cioè non provochi alcuna conseguenza pregiudizievole nella sfera soggettiva del lavoratore, essendo garantito l’interesse prettamente patrimoniale alla prestazione retributiva.

In pratica, pur esistendo l’inadempimento, non necessariamente emergerebbe un pregiudizio, quindi non vi sarebbe nulla da risarcire.

 

Mancando, nel caso di specie, la necessaria prova della sussistenza del danno cosiddetto esistenziale, il ricorso no può essere accolto.

 

La Sentenza numero 23837/2015 della Corte di Cassazione, Sezione Lavoro è scaricabile (previa registrazione gratuita) all’indirizzo:

http://www.studiocataldi.it/visualizza_allegati_news.asp?id_notizia=20141

 

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PRESENTE E FUTURO DELLA NORMATIVA: JOBS ACT, ACCORDI RSPP E SINP

 

Da: PuntoSicuro

http://www.puntosicuro.it

20 novembre 2015

Di Tiziano Menduto

 

Indicazioni e anticipazioni sul presente e futuro della normativa a partire dalle conseguenze delle modifiche sul D.Lgs.81/08.

Ne parliamo con Cinzia Frascheri, Responsabile Nazionale CISL salute e sicurezza sul lavoro.

Le interviste che PuntoSicuro ha fatto in questi anni a Cinzia Frascheri, Responsabile Nazionale CISL di salute e sicurezza sul lavoro e di responsabilità sociale delle imprese, ci hanno sempre permesso di avere informazioni non solo sulle normative in attesa di approvazione, ma anche sui temi in materia di salute e sicurezza in via di discussione nella Commissione Consultiva permanente per la salute e sicurezza sul lavoro.

Il problema è che la Commissione Consultiva sta affrontando con difficoltà le novità delle modifiche apportate al D.Lgs.81/08 dal D.Lgs.151/15 attuativo del Jobs Act.

Per questo motivo nella nuova intervista a Cinzia Frascheri (raccolta il 15 ottobre scorso durante la 16a edizione della manifestazione “Ambiente Lavoro” che si è tenuta a Bologna) partiamo proprio dalle difficoltà della Commissione.

 

Cosa sta accadendo in Commissione Consultiva Permanente? Le modifiche del D.Lgs. 151/2015 che conseguenza hanno sulle attività attuali della Commissione?

Ricordiamo, a questo proposito, che il 4 novembre scorso si è tenuta una nuova riunione della Commissione Consultiva. Nella riunione si è deciso con il Ministero del Lavoro di andare avanti con il lavori, i compiti della Commissione finché sarà emanato il Decreto richiesto dal comma 5 dell’articolo 6 del Testo Unico, come modificato dal D.Lgs.151/15.

Non potevamo poi non arrivare a parlare delle deleghe in materia di semplificazioni del Jobs Act: di quella “montagna” di anticipazioni e intenti che sembra, in realtà, aver “partorito un topolino”…

Quali sono gli effetti del D.Lgs.151/15 e delle nuove modifiche al Testo Unico?

Parlando poi delle deleghe del Jobs Act, non si può non fare cenno anche al D.Lgs.81/15 recante “Disciplina organica dei contratti di lavoro e revisione della normativa in tema di mansioni, a norma dell’articolo 1, comma 7, della legge 10 dicembre 2014, n. 183”. Il D.Lgs.81/15 ha o meno un impatto sul mondo della salute e sicurezza sul lavoro?

Secondo Cinzia Frascheri è importante leggere il D.Lgs.81/15 anche sotto l’ottica della salute e sicurezza perché pur trattando di contratti di lavoro e di mansioni ha tutte una serie di ricadute sugli aspetti che attengono alla salute e sicurezza di non poco conto. E’ importante che si legga tra le righe del D.Lgs.81/15 per comprendere quali sono anche i punti di caduta e i maggior rischi che si potrebbero venire a creare con la sua applicazione.

 

Non può mancare una domanda sul tema delle competenze in materia di salute e sicurezza. Quale saranno il futuro e le conseguenze della riforma costituzionale e della cosiddetta “Agenzia unica per le ispezioni”?

E’ atteso, da diversi anni, Decreto per il (Sistema Informativo Nazionale per la Prevenzione (SINP)? Che fine ha fatto il Decreto che dovrebbe rendere operativo il SINP? C’è la possibilità che venga reso operativo una sorta di SINP ridotto?

Infine abbiamo chiesto qualche anticipazione sui testi e le normative sul tavolo della Commissione.

Di cosa si deve parlare in Commissione? Quali sono le possibili normative che potrebbero diventare entrare in vigore nel prossimo futuro?

 

In particolare Cinzia Frascheri si sofferma nelle sue risposte sulla revisione degli Accordi sulla formazione degli RSPP e ASPP del 26 gennaio 2006 e sui testi relativi alla regolamentazione della sorveglianza sanitaria relativa alla assunzione di alcol e droga.

Articolo e intervista a cura di Tiziano Menduto

CERCHIAMO DI CAPIRE COSA STA ACCADENDO IN COMMISSIONE CONSULTIVA PERMANENTE. MI PARE CHE LE ATTIVITA’ DELLA COMMISSIONE STIANO RISCHIANDO DI FERMARSI…

Prima delle modifiche al Decreto 81, che hanno coinvolto l’articolo 6 che riguarda la Commissione Consultiva, noi eravamo arrivati ad aver varato finalmente il regolamento interno e si era pronti per partire con i Comitati tecnici per affrontare i vari temi. A questo punto è intervenuto il Decreto 151/15. Una delle modifiche riguarda la composizione della Commissione Consultiva Permanente. Composizione, non gli obiettivi.

Potrebbe sembrare un aspetto di poco conto per chi sul territorio opera, ma non è così secondario perché nell’ambito della Commissione Consultiva Permanente andare a modificare l’assetto incide sulla riduzione dei numeri dei componenti. La Commissione Consultiva Permanente aveva effettivamente dei numeri pletorici. Ma questo nuovo assetto incide sulla perdita del cosiddetto tripartitismo perfetto, come indicato anche da una Direttiva Europea. Cosa è successo con la riduzione? Nella riduzione non ci sono più le tre compagini datoriali, sindacali e ministeri e istituzioni con le Regioni, ma si è inserito un quarto polo che non è neanche rappresentativo, perché diversi componenti sono esperti tecnici che nella Commissione Consultiva, seppur tratta di temi tecnici, non hanno quel ruolo di rappresentatività e rappresentanza che invece gli altri hanno.

PARLIAMO DELLE DELEGHE IN MATERIA DI SEMPLIFICAZIONI DEL JOBS ACT…COSA NE PENSA LA CISL DEL DECRETO 151/15?

Concentrandoci sul Decreto 151/15, noi non possiamo che essere contenti del fatto che gli interventi di semplificazione sono stati minimi sul piano della quantità e non hanno potuto essere dirompenti sugli assetti di tutela. D’altra parte gli interventi previsti non sono così leggeri, inefficaci su un piano più strutturale. Per questo motivo noi abbiamo fatto le nostre rimostranze, sia prima dell’approvazione del Decreto che dopo…

Anche se ora bisognerà operare ad assetto dato…

 

FACCIAMO UN BREVE COMMENTO SULLA RIFORMA COSTITUZIONALE CHE ANDRA’ A RIPORTARE ALLO STATO LE COMPETENZE IN MATERIA DI SALUTE E SICUREZZA.

LEI HA SPESSO DIFESO IL RUOLO DELLE REGIONI IN QUESTA MATERIA.

E COSA NE PENSA DELLA COSIDDETTA AGENZIA UNICA PER LE ISPEZIONI?

Intanto va sottolineato che l’Agenzia comunque non coinvolge le ASL come soggetti. Questa Agenzia collaborerà con il sistema delle ASL.

Ormai è certo che, tra un anno o più tardi, ci sarà la modifica dell’articolo 117 della Costituzione. Modifica che andrà a togliere la materia concorrente della salute e sicurezza e a riportarla allo Stato.

Questo aspetto come CISL noi l’abbiamo considerato un passo indietro proprio perché si va necessariamente a perdere quella che è stata l’esperienza di questi anni. Abbiamo però al contempo sempre ribadito che a oggi il sistema delle Regioni non era più sostenibile. Un intervento era utile e necessario. Bisogna trovare un “fil rouge” che passi tra le due situazioni e che tenga conto e valorizzi la presenza sul territorio di esperienza e compenetrazione con il sistema produttivo, e al contempo che vada ad uniformare il tutto. A oggi le Regioni stanno rappresentando un campo di mille fiori e in questo modo è complicato poter avere uniche regole e sapere quale può essere la risposta degli organi di vigilanza su determinati tipi di prescrizioni.

CERCHIAMO DI SAPERE QUALCOSA SULL’ETERNO ATTESO SINP, IL SISTEMA INFORMATIVO NAZIONALE PER LA PREVENZIONE NEI LUOGHI DI LAVORO.

IN TEORIA UN DECRETO INTERMINISTERIALE DOVEVA ESSERE EMANATO SEI MESI DOPO L’ENTRATA IN VIGORE DEL D.LGS.81/08.

SONO PASSATI SETTE ANNI…

Intanto vorrei puntualizzare che ancora oggi manca una strategia nazionale di prevenzione. Può sembrare qualcosa di lontano dall’immediatezza delle necessità, delle urgenze delle imprese, del lavoro, ma non è così. Avere una strategia nazionale di prevenzione servirebbe anche per avere un unico percorso di armonizzazione del lavoro che fanno le Regioni in confronto alle istituzioni e alle parti sociali.

Il SINP (questa banca dati che va a mettere in relazione tutta una serie di flussi informativi che provengono dalla ASL, dal sistema produttivo, da diverse fonti informative, creando un terreno fertile per le attività di prevenzione) era una delle novità più importanti del Decreto 81.

E per rimarcare ancor più il ritardo del SINP si può dire che non si hanno a oggi informazioni certe su quando uscirà.

A un convegno di Ambiente Lavoro organizzato dal sistema paritetico nazionale del settore artigiano, avevamo come relatore Giuseppe Monterastelli, che ricordo che oltre ad essere l’espressione della prevenzione in Emilia Romagna, oggi ha preso anche il ruolo di coordinatore, attraverso la Regione Emilia Romagna, del sistema di Coordinamento interregionale.

Monterastelli diceva che non si hanno segnali che il SINP verrà reso operativo, ma parlava di un SINP ridotto su cui però neanche lui ha voluto esprimersi.

C’è poi anche il problema che nelle modifiche si fa riferimento al registro degli infortuni, che in questo caso non è stato messo in collegamento con il SINP. Aspetto che nell’ambito dell’articolato è anche molto confuso nella sua espressione di dettato normativo.

VEDIAMO INFINE DI COMPRENDERE QUALI SONO I TESTI, GLI ACCORDI, LE NUOVE NORMATIVE CHE DOVREBBERO ESSERE DISCUSSE IN COMMISSIONE E CHE POTREBBERO USCIRE A BREVE.

Ad esempio sul tavolo della Commissione c’è il testo relativo alla formazione del RSPP, un testo che poi non andrà a riguardare la sola formazione di RSPP, ma che arriva a modificare anche l’Accordo del 21 dicembre 2011 relativo alla formazione.

Su questo testo come organizzazioni sindacali ci siamo mossi in maniera molto, molto critica. E’ un testo scritto, in realtà, in maniera non chiara, è un testo che va a modificare quello che stava cominciando a diventare consolidato in materia di formazione degli attori principali aziendali. Non sappiamo tuttavia se questo testo (anche nell’eventuale fase di stand-by della Commissione Consultiva) verrà portato avanti da parte del Coordinamento delle Regioni che sono i titolari del testo.

Un altro testo è quello che dovrebbe prendere il posto della regolamentazione che riguarda l’uso e abuso di sostanze psicotrope e stupefacenti e il consumo di alcol. Anche questo testo ha subito, da parte sindacale e datoriale, grosse critiche per come è stato scritto, per come maldestramente incide sulle altre normative.

Segnalo il fatto che abbiamo scritto congiuntamente (Confindustria, CGIL, CISL e UIL) una proposta articolata non solo per criticare, ma anche proporre un articolato autoconsistente e puntuale in grado di suggerire le possibili e concrete vie per intervenire in questo ambito, anche in relazione all’aumento straordinario dell’uso e abuso di sostanze stupefacenti e di alcol.

 

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D.LGS.151/15: I COMPITI DI PRIMO SOCCORSO E PREVENZIONE INCENDI

 

Da: PuntoSicuro

http://www.puntosicuro.it

24 novembre 2015

di Tiziano Menduto

 

Una modifica al Testo Unico rende possibile lo svolgimento diretto da parte del datore di lavoro dei compiti di primo soccorso, nonché di prevenzione degli incendi e di evacuazione, anche nelle imprese o unità produttive che superano i cinque lavoratori.

 

Riprendiamo ad analizzare le modifiche che, in attuazione delle deleghe del “Jobs Act”, il D.Lgs.151/15 ha apportato al Testo Unico in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro (D.Lgs.81/08).

 

Parliamo oggi di una delle modifiche di maggior peso in relazione alle deleghe per la semplificazione e razionalizzazione di procedure e adempimenti in materia di sicurezza e salute: la possibilità di svolgimento diretto da parte del datore di lavoro dei compiti di primo soccorso, nonché di prevenzione degli incendi e di evacuazione, anche nelle imprese o unità produttive che superano i cinque lavoratori.

Per parlarne riportiamo innanzitutto il testo dell’articolo 34 del D.Lgs. 81/08 prima delle modifiche del D.Lgs. 151/15, modifiche entrate in vigore lo scorso 24 settembre:

Articolo 34 – Svolgimento diretto da parte del datore di lavoro dei compiti di prevenzione e protezione dai rischi

  1. Salvo che nei casi di cui all’articolo 31, comma 6, il datore di lavoro può svolgere direttamente i compiti propri del servizio di prevenzione e protezione dai rischi, di primo soccorso, nonché di prevenzione incendi e di evacuazione, nelle ipotesi previste nell’Allegato II dandone preventiva informazione al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza ed alle condizioni di cui ai commi successivi.

1- bis. Salvo che nei casi di cui all’articolo 31, comma 6, nelle imprese o unità produttive fino a cinque lavoratori il datore di lavoro può svolgere direttamente i compiti di primo soccorso, nonché di prevenzione degli incendi e di evacuazione, anche in caso di affidamento dell’incarico di responsabile del servizio di prevenzione e protezione a persone interne all’azienda o all’unità produttiva o a servizi esterni così come previsto all’articolo 31, dandone preventiva informazione al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza ed alle condizioni di cui al comma 2-bis;

  1. Il datore di lavoro che intende svolgere i compiti di cui al comma 1, deve frequentare corsi di formazione, di durata minima di 16 ore e massima di 48 ore, adeguati alla natura dei rischi presenti sul luogo di lavoro e relativi alle attività lavorative, nel rispetto dei contenuti e delle articolazioni definiti mediante Accordo in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, entro il termine di dodici mesi dall’entrata in vigore del presente decreto legislativo. Fino alla pubblicazione dell’Accordo di cui al periodo precedente, conserva validità la formazione effettuata ai sensi dell’articolo 3 del decreto ministeriale 16 gennaio 1997, il cui contenuto è riconosciuto dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano in sede di definizione dell’Accordo di cui al periodo precedente.

2-bis. Il datore di lavoro che svolge direttamente i compiti di cui al comma 1-bis deve frequentare gli specifici corsi formazione previsti agli articoli 45 e 46.

 

L’articolo era stato già modificato in passato rispetto al testo originale del D.Lgs.81/08: il comma 1-bis e il comma 2-bis erano stato introdotti dal D.Lgs.106/09. Si indicava esplicitamente la possibilità per il datore di lavoro, nelle imprese o unità produttive fino a cinque lavoratori (e dunque non oltre questo limite), di svolgere direttamente i compiti di primo soccorso, nonché di prevenzione degli incendi e di evacuazione, anche in caso di affidamento dell’incarico di responsabile del servizio di prevenzione e protezione a persone interne all’azienda o all’unità produttiva o a servizi esterni.

Limite che ora viene superato con le modifiche operate con il punto g), del comma 1 dell’articolo 20 del D.Lgs. 151/2015:

Articolo 20 – Modificazioni al Decreto Legislativo 9 aprile 2008, n. 81

  1. Al Decreto Legislativo 9 aprile 2008, n. 81, sono apportate le seguenti modificazioni:

(…)

  1. g) all’articolo 34 sono apportate le seguenti modificazioni:

1) il comma 1-bis è abrogato;

2) al comma 2-bis le parole “di cui al comma 1-bis” sono sostituite dalle seguenti: “di primo soccorso nonché di prevenzione incendi e di evacuazione”;

(…)

Vediamo come risulta ora l’articolo 34 con le nuove modifiche:

Articolo 34 – Svolgimento diretto da parte del datore di lavoro dei compiti di prevenzione e protezione dai rischi

  1. Salvo che nei casi di cui all’articolo 31, comma 6, il datore di lavoro può svolgere direttamente i compiti propri del servizio di prevenzione e protezione dai rischi, di primo soccorso, nonché di prevenzione incendi e di evacuazione, nelle ipotesi previste nell’Allegato II dandone preventiva informazione al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza ed alle condizioni di cui ai commi successivi.
  2. Il datore di lavoro che intende svolgere i compiti di cui al comma 1, deve frequentare corsi di formazione, di durata minima di 16 ore e massima di 48 ore, adeguati alla natura dei rischi presenti sul luogo di lavoro e relativi alle attività lavorative, nel rispetto dei contenuti e delle articolazioni definiti mediante Accordo in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, entro il termine di dodici mesi dall’entrata in vigore del presente decreto legislativo. Fino alla pubblicazione dell’Accordo di cui al periodo precedente, conserva validità la formazione effettuata ai sensi dell’articolo 3 del decreto ministeriale 16 gennaio 1997, il cui contenuto è riconosciuto dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano in sede di definizione dell’Accordo di cui al periodo precedente.

2-bis. Il datore di lavoro che svolge direttamente i compiti di primo soccorso nonché di prevenzione incendi e di evacuazione deve frequentare gli specifici corsi formazione previsti agli articoli 45 e 46.

E per comprendere gli obiettivi del legislatore, possiamo fare riferimento alla relazione illustrativa del D.Lgs.151/15: “il comma 1, lettera g) modifica l’articolo 34 del Testo Unico. Si prevede che lo svolgimento diretto da parte del datore di lavoro dei compiti di primo soccorso, nonché di prevenzione degli incendi e di evacuazione, viene consentita anche nelle imprese o unità produttive che superano i cinque lavoratori. La formazione specifica per svolgere tali compiti viene comunque assicurata al comma 2-bis”.

Ricordiamo ora alcuni riferimenti normativi dell’articolo 34.

Innanzitutto il contenuto dell’Allegato II del Testo Unico riguarda i casi in cui è consentito lo svolgimento diretto da parte del datore di lavoro dei compiti di prevenzione e protezione dei rischi:

Allegato II

Casi in cui e’ consentito lo svolgimento diretto da parte del datore di lavoro dei compiti di prevenzione e protezione dei rischi (articolo 34)

  1. Aziende artigiane e industriali fino a 30 lavoratori
  2. Aziende agricole e zootecniche fino a 30 lavoratori
  3. Aziende della pesca fino a 20 lavoratori
  4. Altre aziende fino a 200 lavoratori

 

Questi invece sono i casi (elencati al comma 6 dell’articolo 31 del D.Lgs.81/08) in cui il comma 1 dell’articolo 34 non può essere applicato:

Articolo 31 – Servizio di prevenzione e protezione

(…)

  1. L’istituzione del servizio di prevenzione e protezione all’interno dell’azienda, ovvero dell’unità produttiva, è comunque obbligatoria nei seguenti casi:
  2. a) nelle aziende industriali di cui all’articolo 2 del Decreto Legislativo 17 agosto 1999, n. 334, e successive modificazioni, soggette all’obbligo di notifica o rapporto, ai sensi degli articoli 6 e 8 del medesimo decreto;
  3. b) nelle centrali termoelettriche;
  4. c) negli impianti e installazioni di cui agli articoli 7, 28 e 33 del Decreto Legislativo 17 marzo 1995, n. 230, e successive modificazioni;
  5. d) nelle aziende per la fabbricazione e il deposito separato di esplosivi, polveri e munizioni;
  6. e) nelle aziende industriali con oltre 200 lavoratori;
  7. f) nelle industrie estrattive con oltre 50 lavoratori;
  8. g) nelle strutture di ricovero e cura pubbliche e private con oltre 50 lavoratori.

(…)

Dunque siamo sì di fronte ad una modifica probabilmente rilevante ma che, riguardo perlomeno alla chiarezza e alla sua interpretazione, sconta le difficoltà che si hanno quando si cambia una norma attraverso abrogazioni di articoli e commi.

Per confermare comunque gli obiettivi del Ministero possiamo concludere riprendendo le parole dette ai nostri microfoni da Giuseppe Piegari, del Segretariato Generale del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, all’indomani dell’ approvazione da parte del Consiglio dei Ministri in via definitiva del D.Lgs. 151/15 (approvazione avvenuta il 4 settembre scorso).

In relazione alla modifica dell’articolo 34, il dottor Piegari fa presente che inizialmente “l’articolo prevedeva che i datori di lavoro che intendono svolgere i compiti di prevenzione e protezione dei rischi potevano svolgere anche i compiti di primo soccorso e prevenzione incendi soltanto nelle imprese e unità produttive soltanto fino a 5 lavoratori”. Con la modifica “abbiamo eliminato questo limite. E quindi il datore di lavoro potrà svolgere i anche i compiti di primo soccorso e prevenzione incendi senza il limite dei cinque lavoratori, ma dovrà frequentare gli specifici corsi di formazione”.

Il Decreto Legislativo 14 settembre 2015, n. 151 “Disposizioni di razionalizzazione e semplificazione delle procedure e degli adempimenti a carico di cittadini e imprese e altre disposizioni in materia di rapporto di lavoro e pari opportunità, in attuazione della legge 10 dicembre 2014, n. 183” è scaricabile all’indirizzo:

http://www.lavoro.gov.it/Strumenti/normativa/Documents/2015/Decreto%20Legislativo%2014%20settembre%202015_151.pdf

 

Il documento “Conferenza Permanente per i Rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province Autonome di Trento e di Bolzano – Accordo del 22 febbraio 2012 concernente l’individuazione delle attrezzature di lavoro per le quali è richiesta una specifica abilitazione degli operatori, nonché le modalità per il riconoscimento di tale abilitazione, i soggetti formatori, la durata, gli indirizzi ed i requisiti minimi di validità della formazione, in attuazione dell’articolo 73, comma 5, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 e successive modifiche e integrazioni” è scaricabile all’indirizzo:

http://www.statoregioni.it/Documenti/DOC_035259_53%20csr%20punto%2012.pdf

 

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IL FUMO PASSIVO NEGLI AMBIENTI DI LAVORO

 

Da: PuntoSicuro

http://www.puntosicuro.it

24 novembre 2015

 

La valutazione del rischio da fumo passivo negli ambienti di lavoro: classificazione e lavoratori a rischio esposizione.

 

E’ stato stimato che nell’Unione europea circa 7.300 adulti, di cui 2.800 non fumatori, sono deceduti nel 2002 a seguito dell’esposizione al fumo di tabacco presente negli ambienti di lavoro; per i lavoratori del settore della ristorazione che lavoravano in locali in cui era possibile fumare, il rischio di carcinoma polmonare risultava superiore del 50% rispetto ai lavoratori che non erano esposti.

Il fumo passivo è stato classificato come “agente cancerogeno noto per l’uomo” dall’Agenzia per la protezione dell’ambiente degli Stati Uniti nel 1993, dal Dipartimento della sanità e i servizi sociali degli Stati Uniti nel 2000 e dall’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro dell’OMS nel 2002. Recentemente, l’Agenzia per la protezione dell’ambiente della California ha classificato il fumo di tabacco un “inquinante tossico dell’aria”.

Inoltre, è stato classificato come agente cancerogeno sul luogo di lavoro dai governi finlandese (2000) e tedesco (2001).

A livello europeo ancora oggi, però, il fumo passivo (assimilabile a una miscela di più sostanze) non è classificato come preparato cancerogeno, in base alla Direttiva sui preparati pericolosi (1999/45/CE), nonostante il Parlamento Europeo abbia invitato nel 2005 la Commissione delle Comunità Europee a presentare una proposta di modifica del quadro legislativo vigente al fine di classificare il fumo ambientale da tabacco come cancerogeno sui luoghi di lavoro.

Nel Libro Verde della Commissione delle Comunità Europee si asserisce che i locali per fumatori chiusi, con impianti di aerazione separati, riducono solo in misura marginale l’inquinamento da fumo ambientale negli esercizi di ristorazione e in altri ambienti interni.

 

Quindi il solo modo efficace di eliminare i rischi per la salute derivanti dall’esposizione al fumo passivo sarebbe quello di vietare il fumo negli ambienti interni, come affermato dall’OMS e dall’ASHRAE nel 2005 e anche con il documento del 2010. Tra l’altro i locali riservati ai fumatori sono costosi, richiedono una complessa infrastruttura di ispezione e controllo, sono difficilmente realizzabili dai piccoli esercizi e quando sono in funzione spesso non rispondono ai requisiti stabiliti dalla legge, esponendo a sostanze nocive i lavoratori che in essi prestano opera.

Il Datore di Lavoro è tenuto ad assicurare la salubrità degli ambienti di lavoro e a proteggere la salute dei lavoratori prevenendo l’insorgere di patologie da lavoro, quindi la valutazione dei rischi in azienda deve riguardare tutti i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori (articolo 28, comma 1 del D.Lgs.81/08), compresi quelli che non derivano dai soli processi produttivi (in questo caso presenza di fumo di tabacco).

In base all’articolo 15 del D.Lgs.81/08, le misure generali di tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori nei luoghi di lavoro, riguardano innanzitutto:

  • l’eliminazione dei rischi e, ove ciò non sia possibile, la loro riduzione al minimo in relazione alle conoscenze acquisite in base al progresso tecnico;
  • la riduzione dei rischi alla fonte;
  • la limitazione al minimo del numero dei lavoratori che sono o che possono essere esposti al rischio;
  • la priorità delle misure di protezione collettiva rispetto alle misure di protezione individuale;
  • l’informazione e formazione adeguate per i lavoratori;
  • l’uso di segnali di avvertimento e di sicurezza.

Il fumo passivo è formato da agenti chimici pericolosi e deve essere incluso nella valutazione dei rischi in base al Titolo IX, Capo I “Protezione da agenti chimici” del D.Lgs.81/08 e in particolare al comma 1, lettera b), punto 3 dell’articolo 222.

Appare evidente la necessità di valutare i rischi per la salute dei lavoratori che potrebbero trovarsi, anche per brevi periodi, a operare nei locali riservati ai fumatori, tenendo conto della capacità di abbattimento dei fumi da parte dei sistemi di ventilazione, del numero di fumatori presenti, della quantità di tabacco fumato, del periodo di esposizione del lavoratore, ecc.

Come agente cancerogeno il fumo passivo ancora non rientra nella classificazione europea delle sostanze cancerogene di categoria 1 e 2 (anche se dal 2002 è stato riconosciuto dalla IARC come cancerogeno certo per l’uomo), quindi l’applicazione del Titolo IX Capo II “Protezione da agenti cancerogeni e mutageni” del citato Decreto risulta non obbligatoria non essendo “il fumo passivo” neppure una sostanza prodotta durante un ciclo lavorativo o un preparato o un processo di cui all’Allegato XLII, o una sostanza o un preparato emessi durante un processo previsto dall’Allegato XLII dello stesso Decreto.

 

Tuttavia, è da considerare che dal 2008, sulla base della classificazione IARC, il tumore polmonare da esposizione a fumo passivo è stato incluso nella Lista I delle malattie professionali per le quali è obbligatoria la denuncia (malattie la cui origine è di elevata probabilità Gruppo 6: Tumori professionali) e che oggi è ancora incluso nel Decreto Ministeriale 10/06/14 (Approvazione dell’aggiornamento dell’elenco delle malattie per le quali e’ obbligatoria la denuncia).

 

Quindi il Datore di Lavoro, in modo cautelativo, potrà fare una valutazione mirata e prendere le dovute precauzioni assimilando il fumo passivo a un cancerogeno.

Infine, viste la normativa vigente che impone al Datore di Lavoro di ridurre al minimo l’esposizione ai rischi lavorativi, le evidenze della cancerogenicità del fumo di tabacco, la mancanza di livelli di esposizione sicuri, l’ingente spesa per i locali per fumatori (costruzione e manutenzione) e la politica europea, l’unica soluzione di tutela appare l’adozione di ambienti di lavoro liberi dal fumo al 100%, con il divieto di ingresso dei lavoratori nelle sale per fumatori finché i rischi per la salute non vengano abbattuti o ridotti a livelli irrilevanti per la salute.

Per lavoratori esposti a fumo passivo si intendono coloro che per la propria mansione o per lo svolgimento di un incarico sono costretti a lavorare in ambienti per fumatori a norma del D.P.C.M.23/12/03 dove sono presenti i prodotti della combustione di tabacco fumato da altri.

Un parere interpretativo del Ministero della Salute – Dipartimento della Prevenzione e della Comunicazione riguardo la sua Circolare del 17/12/04 in tema di disposizioni in materia di tutela dal fumo passivo nei luoghi di lavoro (locali chiusi pubblici e privati dove è possibile adibire sale per fumatori e dove possono prestare servizio i lavoratori) indica che “nei locali per fumatori, anche nelle situazioni sopra descritte che vedano la presenza temporanea di lavoratori, non possono in nessun caso essere previste attività che comportino la presenza continuativa di lavoratori, né che obblighino i clienti non fumatori all’accesso al fine di usufruire dei servizi offerti dalla struttura; la presenza di questi lavoratori deve essere temporanea e supportata dalla valutazione di tutti i rischi (in particolare di quello chimico) in base al D.Lgs.81/08, anche se i locali rispondono ai requisiti di legge”.

 

Il documento INAIL “La gestione del fumo di tabacco in azienda” è scaricabile all’indirizzo:

http://www.inail.it/internet_web/wcm/idc/groups/intranet/documents/document/ucm_201604.pdf

 

L’articolo SICUREZZA SUL LAVORO: KNOW YOUR RIGHTS! – NEWSLETTER N.235 DEL 02/12/15 sembra essere il primo su Medicina Democratica.

Proiezione del documentario: Last Call – Ultima chiamata

MDF Torino e il Collettivo Alter.POLIS vi invitano al terzo appuntamento di mobilitazione cittadina durante COP21!

Ultima Chiamata racconta la storia dell’ascesa, caduta e rinascita di uno dei libri ambientalisti più controversi e stimolanti di tutti i tempi: “I Limiti dello Sviluppo”.

Pubblicato nel 1972 e basato sul report di un team di scienziati del MIT, il libro rivolse all’umanità un messaggio più che mai attuale: la Terra è un sistema finito e la crescita economica a pieno ritmo porterà la nostra società e l’ambiente al collasso. A quarant’anni di distanza, ripercorrendo le biografie degli ideatori e autori del volume, il regista cerca di trovare risposta a un’impellente domanda: abbiamo oltrepassato quel limite o siamo ancora in tempo per rispondere alla chiamata?

Al termine della proiezione interverranno:

Enrico Cerasuolo, regista del documentario

MDF Torino

Alter.POLIS e Studenti Indipendenti

Quando: Mercoledì 9 Dicembre, h 17:30 – 20:30

Dove: Politecnico di Torino, Sede di Corso Duca degli Abruzzo 24, Aula 12A

Vi aspettiamo! :)

Regala(ti) il Natale!_12 Dicembre

REGALI DI NATALE!

Perchè siano personalizzati, economici, ecologici..

Ma soprattutto per vivere un po’ di questo clima di condivisione a cui rimanda il Natale, per conoscerci, per chiacchierare e per passare una bella giornata in allegria e tranquillità usando creatività e mani!

Ci saranno molti corsi, un angolo relax per chiacchierare, bere tisane e mangiare biscotti e corsi per i bambini!

Le iscrizioni sono obbligatorie ed i corsi ad offerta libera, per iscriverti compila questo form!

Vi aspettiamo Sabato 12 Dicembre dalle 10.30 in Via Ada Negri 8 al Centro anch’io!

I corsi saranno:

– MATTINA 10.30_12.30
Saponi, Burro Cacao, Gioiellini Camere d’aria

 

 – PRANZO CONVIVIALE 12.30_14.30
Ognuno porta qualcosa da mangiare e si condivide!

 

 – POMERIGGIO 14.30_16.30
Bicchieri, Liquori, Caramelle

 

 PER I BAMBINI 
Biglietti di carta riciclata, Giochi da materiale di recupero

 

Vi aspettiamo per la compagnia e il divertimento!

MDF, Circolo di Torino

2 Dicembre: Dopo la marcia del 29…Cosa facciamo adesso?

2 Dicembre. Il cambiamento parte qui e ora. Organizziamoci!

Un appello a tutte le realtà torinesi ed alle organizzazioni che lottano per la sostenibilità ecologica e l’equità sociale.

Crediamo che l’alternativa non parta solo da grandi scelte calate dall’alto, ma soprattutto dalla mobilitazione dei cittadini a livello locale, da una generale assunzione di responsabilità che coinvolga tutti, partendo dai nostri piccoli gesti quotidiani. Siamo noi i protagonisti del cambiamento!

La nostra responsabilità di cittadini si manifesta nel premere fortemente per decisioni urgenti e indispensabili ai governi statali e locali, ci coinvolge personalmente e si esprime con iniziative dirette sul territorio. E’ sul territorio – attraverso la costruzione di piccole comunità, di reti sociali e relazionali alternative, attraverso la pratica di differenti stili di vita, di progetti alternativi – che possiamo davvero contribuire a cambiare e sovvertire l’attuale sistema socio-economico, al fine di costruire un paradigma culturale alternativo.

Per fare questo abbiamo bisogno però di organizzarci. Dopo la marcia globale per il clima ci ritroveremo il 2 Dicembre alle ore 21:00 al Polo culturale Lombroso16 (Via Lombroso, 16).

Ci piacerebbe provare a creare un coordinamento riunendo i cittadini e le associazioni torinesi che in vario modo si battono per un mondo più equo e sostenibile, per far si che la Marcia Globale per il Clima non sia il termine, ma l’inizio di un percorso che ci aiuti a capire cosa, cittadini ed associazioni, possiamo fare “qui e ora” per promuovere il cambiamento… INSIEME.

Il 2 Dicembre alle ore 21:00 al Polo culturale Lombroso16 (Via Lombroso, 16), NON MANCARE!

MDF, Circolo di Torino

Decrescita e violenza domestica

Oggi è il 25 novembre, giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne. Per questo motivo ho sentito il bisogno di parlare di violenza domestica qui ed ora.

Perché parlarne sul sito del Movimento per la Decrescita Felice?

Ebbene, sono convinta che la violenza sia principalmente una questione di desiderio di possesso da un lato, e di bisogno di colmare dei vuoti dall’altro. Anche il consumismo ha queste dinamiche, si percepiscono delle mancanze e si cerca di riempirle acquistando a più non posso. Allo stesso modo l’uomo che perpetra violenza ama avere il controllo della vittima, poterla “usare” a proprio piacimento, come se fosse un oggetto.

Eppure le relazioni non si possono possedere, né tantomeno le persone.

Dall’ultimo rapporto ISTAT risulta che circa il 31,5% delle donne di età compresa tra i 16 ed i 70 anni ha subìto una qualche forma di violenza fisica o sessuale nel corso della propria vita. Inoltre, il 13,6% delle donne ha subìto violenze fisiche o sessuali proprio da un partner o un ex partner. Questi sono numeri enormi. Chissà quante di queste donne stanno subendo queste angherie oggi e non sanno come liberarsene, spesso nella speranza che i loro compagni possano cambiare.

I rapporti violenti hanno tutti come base il tentativo di un partner di controllarne l’altro. Parlo genericamente di partner perché ci sono casi in cui avviene il contrario ed anche casi in cui entrambi i partner sono dello stesso sesso. Qui, per comodità di linguaggio e vista la data, mi concentrerò sul caso in cui sia il partner maschile ad agire violenza su quello femminile.

La violenza ha mille volti. Si parla più facilmente di quella fisica perché lascia segni più evidenti, talvolta così pesanti da causare la morte della compagna. Meno riconosciuta e più sottovalutata è quella psicologica, che generalmente accompagna anche la prima. L’uomo la perpetra svalutando in continuazione la compagna, denigrandola, seguendone gli spostamenti, isolandola con la scusa della gelosia, minacciandola, cercando di toglierle ogni barlume di autostima ed autonomia. In questo modo pensa di legarla a sé, di poterla controllare in tutte le sue azioni. La donna diventa non più una compagna, ma un oggetto da possedere, dominare e manipolare.

Questa bramosia di possesso è figlia di una società in cui i valori relazionali come la cooperazione, la parità, l’empatia sembrano perdere sempre più il loro significato. Io non valgo per la persona che sono, ma per ciò che sono riuscito a guadagnare, a conquistare e non posso permettermi di perderne il controllo. Non posso permettermi di sentirmi inferiore, spodestato. Per questo la persona che mi sta accanto deve sentirsi un gradino sotto di me, deve dipendere da me: devo annientarne la volontà, con le botte o con le mie azioni.

Il vuoto che viene fatto attorno alla donna la renderà ancora più vulnerabile e bisognosa dell’approvazione del partner. Spesso lei si sente in colpa, magari per averlo provocato o forse semplicemente perché si è convinta di non valere abbastanza da poter meritare un amore incondizionato e genuino.

Così nasce la violenza e così continuerà a tramandarsi.

Per combattere una (in)cultura che rinnega l’importanza di ogni singola persona, il valore autentico delle relazioni, l’uguaglianza e l’empatia è necessario ristabilire le nostre priorità. Ma è prima di tutto importante sapere amare se stessi, saper gestire la propria rabbia e non sentire il bisogno di sminuire chi ci sta accanto per poterci sentire migliori. “Gran parte dell’infelicità, e dei disturbi di personalità, si possono ricondurre ad un investimento affettivo su qualcosa che ci è stato tolto o non si può avere, sull’impiego di strategie sbagliate per ottenerlo, o sulla scelta sbagliata di un oggetto di desiderio, che non è in grado di offrire le gratificazioni che ce ne aspettiamo.”[i]

Esistono centri di accoglienza e sostegno per le vittime di violenza[ii], ma ne esistono anche di ascolto e supporto per gli autori di violenza. Le vittime sono tante e molte non si rendono conto di esserlo. Quello che noi tutti possiamo fare, per combattere la violenza, è saper ascoltare chi ci sta vicino, cogliere i suoi disagi e saperle/gli stare accanto, esserle/gli di sostegno, aiutarla/lo a recuperare la propria autostima. La violenza si può affrontare, non senza fatica, certo, ma esistono tanti enti e tante persone che si prendono cura di chi la subisce. Informiamoci su quali sono i centri antiviolenza vicini a noi, nei casi gravi sappiamo che possiamo appoggiarci anche alle forze dell’ordine. Ma sappiamo anche che basta una chiamata per chiedere aiuto, grazie al numero gratuito nazionale 1522[iii].

Non esitiamo a chiedere aiuto, per noi stessi o per i nostri cari.

Abbiamo davvero bisogno di decolonizzare l’immaginario dalla società maschilista in cui viviamo e di ricominciare a vivere le relazioni in maniera autentica e paritaria.

Impegniamoci in ogni modo a promuovere una cultura della nonviolenza.

 

 Selene Bianco

 


[i]           R. Fesce “I sistemi gratificazionali e la motivazione del comportamento”

            http://www.neuroworld.it/neuroni%26psiche/RF_gratimoti.pdf

[ii]             http://www.pariopportunita.gov.it/index.php/numeri-di-pubblica-utilita-sezione/2557-numero-verde-1522-antiviolenza-donna

[iii]          http://www.pariopportunita.gov.it/index.php/numeri-di-pubblica-utilita-sezione/117-numero-verde-1522-antiviolenza-donna

Marcia Mondiale per il Clima_Torino: il cambiamento parte qui e ora…Organizziamoci!

Dal 30 Novembre inizieranno a Parigi i negoziati COP21 tra i più importanti Capi di Stato della terra, con termine ultimo il 12/12/2015, volti a definire un nuovo piano di riduzione delle emissioni globali di gas serra, da cui dipenderà il futuro del mondo intero.

In più di 1600 città in tutto il mondo, oltre 40 milioni di persone scenderanno in piazza per far pressione affinché la decisioni prese possano davvero rappresentare una svolta decisiva verso la sostenibilità ambientale per il nostro pianeta.

 

“Avremo la migliore occasione del decennio per mettere pressione sui leader mondiali ed evitare di subire gli effetti disastrosi del cambiamento climatico. Possiamo affrontare insieme questa sfida con la più grande mobilitazione per il clima della storia.” Avaaz

Torino c’è!

Per chi volesse contribuire con una donazione, può farlo donando quello che si sente.
I soldi andranno a rimborsare le spese per la manifestazione del 29 Novembre.
Dati:
Movimento Decrescita Felice – Circolo territoriale di Torino
IT79 O 050 1801 0000 0000 0132 682
Causa: donazione Marcia per il clima 2015
Eventuali surplus saranno utilizzati per il supporto del futuro coordinamento.
Raccoglieremo qualche offerta a cappello alla Marcia.

N.B.: INFORMAZIONI IMPORTANTI PER I PARTECIPANTI
COSA PORTARE:
– INDOSSARE UN INDUMENTO VERDE_es. sciarpa, giacca, berretto…
– MERENDA _invitiamo i partecipanti a portare delle cibarie e del bere (thé, caffé..) per una merenda conviviale, così come eventuali posate… da condividere nella festa. Un piccolo cuscino per sedersi per terra o un telo sono anche consigliati.
– NO BANDIERE DI PARTITI_vorremmo che la marcia si contraddistinguesse per un’unico colore, il verde, simbolo della marcia…di una cittadinanza attiva ed unita che chiede a tutte le forze politiche, a tutti i livelli, di essere ascoltata e di accogliere le richieste per il bene del clima. A riguardo saranno benvenute tutte le forze politiche, ma non sarà possibile per i partiti aderire come promotori all’evento, così come portare alla manifestazione bandiere che rappresentino partiti o fazioni politiche, così come sindacali ecc.

Vi aspettiamo numerosi!

MDF, Circolo di Torino

Vaccini, vietato criticare le indicazioni del CSS


In questi giorni anche il BMJ prende posizione sull’argomento.

Qualche giorno fa abbiamo pubblicato il comunicato stampa della Rete Sostenibilità e Salute che prendeva posizione contro l’atteggiamento intimidatorio assunto da Roberta Siliquini (Presidente del Consiglio Superiore di Sanità) e altri 14 autorevoli professionisti, nei confronti di Vittorio Demicheli (membro del Cochrane Vaccines Field) che aveva criticato alcune delle indicazioni contenute nel Piano Nazionale della Prevenzione Vaccinale 2016-2018.

Link al BMJ