Incontri sulla sanità a Brescia

Segnaliamo due importanti e interessanti incontri organizzati da Medicina Democratica a Brescia per il 5 e il 13 maggio sulla sanità con gli interventi di Antonio Muscolino e Giorgio Cosmacini.

Da non perdere.

Qui sotto il volantino con tutti i particolari.

La salute non è una merce[1]

 

 

 

 

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No alle grandi navi in Laguna

Medicina Democratica sostiene e partecipa alla lotta contro la distruzione della Laguna di Venezia ad opera del passaggio delle grandi navi fino a sfiorare San Marco.

Prima e durante il processo alle aziende petrolchimiche di Porto Marghera la richiesta di giustizia per l’ecocidio della Laguna di Venezia è stato centrale unitamente alla richiesta di giustizia per la strage operaia da CVM e altri tossici.

Riportiamo sotto il documento più recente delle iniziative di contrasto.

Il documento costituisce :

  • atto integrativo alla denuncia fatta alla Procura della Repubblica di Venezia a gennaio 2015 ; la Procura ha aperto un fascicolo e le indagini dovrebbero essere ancora in corso;
  •  atto integrativo alla Petizione inviata alla Commissione Petizioni del Parlamento Europeo che ha aperto un’istruttoria sulle vicende dell’inquinamento atmosferico da navi a Venezia (primo Firmatario Giuseppe Tattara – sottoscritta da diverse associazioni e da molte persone del Comitato NOGrandiNavi)

ed è stato redatto dalla Associazione Ambiente Venezia e dal Comitato NOGrandiNavi.

2016 04 19 Documento NABU eAmbienteVenezia su Inquinamento da navi a Venezia

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Da Napoli una piattaforma per la sanità pubblica

Dalla sezione di Medicina Democratica di Napoli mettiamo a disposizione l’atto di Nascita e la piattaforma della Rete per il diritto alla Salute locale .

Si tratta di un documento che vuole condividere e riunire obiettivi, comitati  in un unico movimento per la tutela e la estensione della sanità pubblica.

Diverse sono le assemblee svolte negli ospedali e nei centri sociali, come pure altre iniziative quali mostre itineranti e manifestazioni.
Il 1 Maggio saremo a Bagnoli contro le politiche governative che vogliono espropriare il diritto di controllo popolare sui destini di una delle aree più inquinate d’Italia  per dare un imbellettamento  alla speculazione edilizia senza affrontare i problema ambientale

 

 

Piattaforma completa (SM )

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La nocività della siderurgia a Salerno

Sabato 9 Aprile 2016  in piazza  Portanova in Salerno , presso la sala dell’Associazione Luna Vegana ,con inizio ore 10,30  il Comitato Salute e Vita di Fratte-Salerno e Medicina Democratica hanno tenuto una conferenza stampa sull’inquinamento di Salerno e della Valle dell’Irno indotto dalle emissioni dell’impianto siderurgico “Fonderie Pisano” .  Alla presenza di diverse testate  e reti televisive sono stati proiettati i risultati più recenti degli studi epidemologici nazionali ed esteri (USA e Unione europea) relativi alle patologie indotte dall’esposizione alle polveri sottili (Pm10,PM2,5) ,in particolare le neoplasie infantili  e le malattie respiratorie . Sono stati inoltre resi pubblici i documenti ARPAC ,con data 23/3/2016, che condannano le fonderie Pisano ad un’ammenda per inosservanza delle norme sulle emissioni ed intimano all’azienda il rientro nella normativa in tempi brevi .

Altra documentazione mostrata dal comitato locale è relativa ad una denuncia dei Vigili del Fuoco  che segnala la inosservanza della stessa azienda relativa ai sistemi di sicurezza  per i pericoli d’incendio.
Si è inoltre presentata la proposta di richiesta di Referto epidemiologico  da presentare al sindaco della cittadina che produrrebbe ulteriori elementi sulla nocività dell’impianto.
Al termine si è preannunciata una manifestazione cittadina per il 14 Maggio ,nell’intenzione di mantenere  alta l’attenzione sul problema in un territorio in cui la reticenza e le connivenze con il potere economico sono molto diffuse . La manifestazione ha anche il senso di mostrare la solidarietà ai giornalisti ed attivisti aggrediti dinanzi ai cancelli della fabbrica circa 10 giorni or sono:un episodio di violenza che si cerca di far passare come il frutto dell’esasperazione di chi difende il lavoro ma che in realtà ,date le modalità con le quali si è svolto, lascia inquietanti dubbi sulla vera natura  dell’azione violenta.
Paolo Fierro  e Stanio Ioria-Napoli

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Pirogassificatore a Livorno, innovazione o fregatura

La società Pyrenergy vuole rifilare a Livorno (all’interno della ex Dow Chemical) un impianto di pirogassificazione di rifiuti (materie plastiche) fermo dal 1993 e proveniente da una azienda fallita (Metalrecuperi di San Martino all’Argine – MN)  e che ha lasciato un sito inquinato da bonificare (con i soldi pubblici).

A parte questo “piccolo” particolare (anche “riciclare” impianti potrebbe essere una virtù) l’impianto dovrebbe trattare “cuocendo” con calore indiretto rifiuti costituiti da materiali plastici (non rigenerabili ??) tra cui il car-fluff (le plastiche leggere dalla demolizione degli autoveicoli).

L’obiettivo, secondo il proponente, è di  ottenere da un lato un olio combustibile per usi marini (quindi con le caratteristiche peggiori che il “mercato” e la normativa ambientale consente, tanto i pesci non protestano …), nerofumo (ma neppure loro sono tanto sicuri che il prodotto avrà sempre uno standard idoneo per il reimpiego per coloranti, filtri ecc) e syngas da bruciare in loco per scaldare a sua volta il pentolone in cui buttano i rifiuti (in un futuro anche per produrre energia elettrica).

La pirolisi e la gassificazione sono tecniche usualmente utilizzate per la produzione di combustibili o per le sintesi chimiche (es il cracking del petrolio o – cento anni e più fa – per la produzione del “gas di città” dal carbone) e quindi da rifiuti polimerici ben conosciuti e omogenei si potrebbero produrre sostanze chimiche organiche di base per un riciclo chimico anziché fisico anche dei rifiuti plastici con maggiore difficoltà attuale di reimpiego. Ma questa non è l’intenzione del proponente.

Sotto il profilo ambientale merita ricordare che le principali criticità di tale processo (dati i rifiuti utilizzati) vi è il bilancio del cloro ma – guarda caso – il proponente propone di NON monitorare il cloro nelle emissioni dalla combustione del syngas. In questo caso è il cerchio dell’inquinamento a chiudersi !

In allegato mettiamo a disposizione le osservazioni presentate da Medicina Democratica sulla (pessima) proposta.

osservazioni medicina democratica pirogassificatore livorno

 

 

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Basta Veleni a Brescia (e altrove)

DSC_0031Dall’inceneritore alla contaminazione dovuta alla Caffaro, dalle discariche di ogni tipo e per ogni genere di rifiuto alla TAV Brescia-Verona, tutte le anime della manifestazione del 10.04.2016 che ha visto la partecipazione anche di Medicina Democratica.

In allegato un resoconto e gli obiettivi della iniziativa.

BresciaBastaVeleni201 6aprile10

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Chimica Pomponesco, anche una “goccia” in più è un problema

La società Chimica Pomponesco (a Pomponesco, provincia di Mantova) fa parte del Gruppo Frati, leader del recupero del legno di rifiuti e della produzione di laminati (sulle strade è facile trovare un loro rimorchio in cui dichiarano di star salvando gli alberi).

Non è tutto oro quello che luccica; diversi impianti della società il legno lo bruciano assieme a combustibili da rifiuti di ben altra composizione.

La Chimica Pomponesco produce una sostanza, la formaldeide, di ampio utilizzo (e di molti problemi) per la realizzazione di resine (urea-formaldeide) utilizzate per la produzione di laminati con legno di recupero. Sarebbe fondamentale una ricerca per trovare sostituti di tale sostanza nella filiera in questione ma nulla o quasi appare all’orizzonte.

A Pomponesco si producono 250.000 t/a di formaldeide, 227.000 t/a di resine ureiche, 27.000 t/a di resine melaminiche, 16.500 t/a di carte impregnate. Si tratta di produzioni elevate con impatti ambientali e sanitari importanti, basti ricordare che la formaldeide (in Europa  ufficialmente sono da gennaio 2016) è una sostanza classificata come cancerogena e determina problemi,  oggetto di standard sempre più restrittivi, per quanto concerne l’inquinamento indoor (delle nostre case) per il rilascio nel tempo dai mobili  di questa sostanza. Anche recenti indagini epidemiologiche hanno evidenziato i negativi effetti sulle popolazioni.

Una produzione minore è quella di polimeri acrilici (ampiamente utilizzati nella formulazione di colori e vernici). L’azienda ha proposto un incremento della produzione (da 1.420 a 4.000 t/a) dei polimeri acrilici con due nuovi reattori e l’utilizzo di un nuovo solvente (cicloesano) rispetto a quello in uso (anch’esso cancerogeno, il cloruro di metilene) per un nuovo mercato : la cosmesi …

Anche se la modifica è apparentemente limitata siamo riusciti ad ottenere che la stessa fosse sottoposta a VIA e in questi giorni si chiudono i tempi per le osservazioni alla procedura.

Medicina Democratica e i Comitati locali hanno presentato osservazioni in cui segnaliamo che, nonostante alcuni miglioramenti rispetto al progetto iniziale, c’è ancora molto da fare. Li mettiamo a disposizione di chiunque interessato.

osservazioni 10 04 2016

note via chimica pomponesco 2016

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… e non si scherzi neppure con gli oli vegetali !

Se l’idea di bruciare i grassi animali, in particolare di prima categoria, è pessima anche le iniziative di produzione di biodiesel da oli e grassi vegetali per produrre energia elettrica non è entusiasmante, viziata com’è dalla stessa logica di incentivazione “a pioggia” di fonti rinnovabili o presunte tali.

In questo caso vi è la normativa che fa contare “doppio” il contributo di combustibili ottenuti da rifiuti vegetali rispetto ad altri bioliquidi non da rifiuto.

La gestione degli oli e grassi vegetali di rifiuto (domestico e soprattutto dalle attività di ristorazione e dalla filiera alimentare) può trovare, anche nella produzione di combustibili (ma il riciclo può avvenire anche in altro modo), una logica e costituire un tassello di una gestione “rifiuti zero”. Dovrebbe essere nella sensibilità degli enti preposti alla pianificazione e alla organizzazione della gestione dei rifiuti e non lasciata alla libera inventiva del privato che tende a piegare e ad approfittare di ogni piega normativa per il proprio profitto.

Nel caso dell’impianto proposto dalla Green Oil a Mottalciata (Biella) vi è un bel mix tra sottoprodotti animali e oli vegetali, gli uni a “coprire” gli altri, in un bel minestrone dove a perdere sarà solo l’ambiente.

Nel caso specifico basti pensare al bilancio dei rifiuti : entrano 7.000 kg/g di rifiuti non pericolosi (olii e grassi vegetali) e ogni giorno devono trovare smaltimento 4.500 kg di acque contaminate da metanolo (ovvero rifiuti pericolosi). Si arriva poi ad affermare che si utilizzeranno sottoprodotti animali già trasformati in combustibile ma contestualmente si richiede l’autorizzazione per un impianto di trasformazione di sottoprodotti animali in combustibili ….

Di questo sono ben coscienti i cittadini di Mottalciata e non solo. Riproduciamo delle slide presentate a un incontro svoltosi a fine gennaio e un recente comunicato stampa sulla questione.

lucidi biella biodiesel 23 gennaio 2016

GREEN OIL MOTTALCIATA

2016_04_08grassimottalciata

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Bruciare i grassi animali : una pessima idea

La pioggia di incentivi (economici e di semplificazione procedurale) per fonti rinnovabili fasulle ha “benedetto” anche i SOA (sotto prodotti animali – rifiuti dalla macellazione/trasformazione di animali) ed in particolare quelli di prima categoria (ovvero quelli a maggiore rischio sanitario, ricordate “mucca pazza” ?).

Allora la soluzione fu il coincenerimento nei cementifici, questi lucrarono per un po’ di anni, finiti i sussidi perché i regolamenti europei introdussero modalità di trattamento alternative, senza combustione, quasi tutti i cementifici li abbandonarono.

Nel frattempo però l’Unione Europea (direttiva sulle fonti rinnovabili di energia elettrica) introduce le biomasse tra le fonti rinnovabili e include anche i rifiuti urbani e industriali per la parte biodegradabile (es. cellulosici come carta, cartone, legno). L’Italia aggiunge incentivi economici, velocità autorizzative e ostacoli alla possibile opposizione agli impianti anche da parte degli enti locali.

Le controversie locali sono numerose (in particolare in Emilia Romagna) a titolo d’esempio alleghiamo delle osservazioni presentate contro il progetto di uno di questi impianti (a Parma) nel 2012, l’impianto, ad oggi, NON è stato realizzato.

Ma ora appare all’orizzonte anche un rischio ben maggiore ovvero quello che i sottoprodotti animali (e i prodotti derivati anche di prima categoria) siano “nobilitati” a combustibili da biomassa (allegato X parte quinta dlgs 152/06) con una (quasi) piena libertà di utilizzo e comunque con standard impiantistici ed emissivi ben diversi da quelli necessari (a livello di impianto di incenerimento per rifiuti).

Il provvedimento è equivalente alla creazione del CSS (Combustibile Solido Secondario) che, superando in volo il vecchio CDR (Combustibile Derivato dai Rifiuti), nel 2013 è stato nobilitato a combustibile da biomassa (ancorché utilizzabile solo in cementifici e in centrali termoelettriche).

Il Consiglio di Stato ha dato un parere sostanzialmente favorevole alla proposta del Ministero dell’Ambiente.

Appena verrà emesso il decreto valuteremo come opporci a questo regalo ai produttori di salumi e bistecche (oggi la maggior parte dei SOA vengono trattati per produrre alimenti per animali d’affezione – pet food).

Alleghiamo, per chi vuole approfondire, la scansione di un articolo apparso sul numero 219-221 di Medicina Democratica che fa il punto della situazione nazionale (prima che si sapesse della nuova iniziativa del ministero), un comunicato di Medicina Democratica e ISDE su una puntata di Report in cui veniva incensato un imprenditore che proponeva un impianto alimentato a SOA (senza dare modo di replicare) e il recente parere del Consiglio di Stato sull’argomento.

Osservazioni relative al progetto PFP spa

articolo sottoprodotti animali md

2015.10.27-Report-ISDE-MD-sottoprodotti-animali

parere consiglio stato 2016 Word

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Verso l’appuntamento NOTRIV

Proponiamo un documento che contiene una corretta e completa presentazione dell’appuntamento referendario NOTRIV .

Medicina Democratica, sostiene il SI al quesito referendario pur conoscendo i limiti legati allo strumento referendario e allo specifico quesito sottoposto ai cittadini.

I referendum sono sempre e comunque un momento di democrazia che deve essere partecipata (e lo è a partire dalla raccolta delle firme) e in quanto e se riesce a focalizzare l’attenzione sul tema sottoposto che, in questo caso, non è semplicemente la regolamentazione dei permessi di sfruttamento dei giacimenti marini già rilasciati ma la politica energetica italiana.

Su questo ben più ampio e importante obiettivo Medicina Democratica mette a disposizione due strumenti:

  1. 20 anni fa, all’inizio del 1996 la rivista Medicina Democratica n 101-103 ha ospitato un dossier dedicato alla esplosione del pozzo petrolifero di Trecate (Novara) esaminando nel dettaglio le criticità tecniche e ambientali di tale pratica, inquinante a terra come nel mare.

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MD Numero 101_103 articolo 04_05, MD Numero 101_103 articolo 06, MD Numero 101_103 articolo 07

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2. E’ uscito in questi giorni il numero della nostra rivista  (n.222-224) dedicato al “ciclo” del carbone, Un altrettanto importante approfondimento a disposizione dei comitati e per chi vuole informarsi che potete richiedere alla nostra mail.

Di seguito l’intervento sul tema referendario a firma di Marco Pezzoni

Per una corretta informazione
E’ il primo Referendum promosso dalle Regioni italiane nell’intera storia repubblicana. Riguarda il privilegio o la possibilità, dipende dai punti di vista, di sfruttare i giacimenti in mare senza limiti di tempo da parte delle Compagnie del gas e del petrolio.
Se vince il Sì viene cancellato questo privilegio e le Compagnie possono continuare a estrarre gas o petrolio fino al termine di tempo previsto dalla loro concessione. Se vincono i No o se il quorum non viene raggiunto le Compagnie potranno ottenere di prorogare lo sfruttamento del giacimento oltre il limite di tempo previsto dalla loro concessione e fino al suo esaurimento.
Piccolo approfondimento sul referendum del 17 aprile
In base all’articolo 75 della nostra Costituzione i Referendum sono di tipo abrogativo, cioè cancellano Leggi o parti di Leggi e hanno efficacia solo se al voto partecipa il  50% più uno degli elettori aventi diritto e vincono i Sì, cioè i favorevoli all’abrogazione.
Nel caso del quesito del 17 aprile, il Referendum propone l’abrogazione, cioè la cancellazione, del comma 17 dell’articolo 6 del Codice dell’Ambiente. Tale comma prevede la prosecuzione dell’estrazione degli idrocarburi dai giacimenti già operativi  ed entro le 12 miglia dalle nostre coste, fino a esaurimento del giacimento.
Per la precisione il testo del comma 17 recita “ I titoli abilitativi già rilasciati sono fatti salvi per la durata di vita utile del giacimento”.
Il Referendum intende cancellare le parole “per la durata di vita utile del giacimento”.
Pertanto se vincono i Sì le Compagnie petrolifere e di gas metano non potranno nè chiedere nè ottenere il prolungamento dei tempi di sfruttamento del giacimento una volta scaduta la concessione. Le concessioni in vigore in Italia durano almeno 30 anni. Dunque se vincono i Sì le piattaforme in mare non sono costrette a chiudere subito nè a lasciare a casa i lavoratori; semplicemente portano a compimento il tempo della concessione già ottenuta dallo Stato italiano.
Se vincono i No le Compagnie potranno chiedere un prolungamento della concessione fino ad esaurimento del giacimento.  Se non si raggiunge il quorum è come se vincessero i No e il comma 17 rimane in piedi e operativo.
Per ragioni di tecnica legislativa e per essere accettati dalla Corte, i Referendum di tipo abrogativo devono riferirsi a precise Leggi o parti di Legge. In questo caso il quesito accettato si limita a intervenire su concessioni già in essere nei nostri mari entro le 12 miglia dalla costa, mentre sono escluse le concessioni in terraferma e le concessioni in mare oltre le 12 miglia dalla costa ( circa 22,2 chilometri). E’ evidente che una eventuale vittoria dei Sì assumerebbe un valore politico e democratico più ampio e indicherebbe un orientamento di fondo dell’elettorato italiano.
Per questo giornalisticamente è passata la definizione di referendum sulle trivelle, in realtà il quesito referendario in senso stretto riguarda il tempo di vita delle piattaforme in mare, le trivelle essendo servite solo nella fase iniziale di ricerca dei giacimenti e successive perforazioni.  
I quesiti inizialmente erano 6. Solo 1 è stato accolto dalla Corte e il Governo ha fissato la data al 17 aprile 2016, con l’evidente intento di non favorire la partecipazione e il raggiungimento del quorum. Sul piano formale però la scelta è rispettosa del Decreto 98 del 2011 che prevede che le elezioni amministrative o politiche non siano abbinate ai referendum. Per decidere questo abbinamento il Parlamento italiano avrebbe dovuto votare una nuova Legge ad hoc.
Il tipo di quesito specifico per le trivellazioni in mare risente anche dei soggetti che, comunque meritoriamente, lo hanno promosso: sono 9 Consigli regionali di Regioni italiane ( per l’articolo 75 ne bastano 5 per avere diritto a promuovere un referendum)  che hanno questo specifico problema di fronte alle loro coste e ritengono di correre gravi rischi ambientali. Sono Basilicata come capofila, Calabria, Campania, Liguria, Marche, Molise, Puglia, Sardegna, Veneto.
Però la salvaguardia dei mari italiani è un bene comune che dovrebbe interessare tutti , anche chi abita in pianura padana!
Il Parlamento italiano e soprattutto il Governo avrebbero avuto tutto il tempo per modificare il comma 17 dell’articolo 6, accogliendo le specifiche proposte delle 9 Regioni, come del resto hanno fatto in altri 2 casi,  modificando almeno parzialmente la legislazione così da rendere ancora incerto lo svolgimento di altri 2 referendum  sui quali è stato presentato ricorso.
Se il quesito del referendum sopravvissuto ha così poca consistenza, perchè il Governo non ne ha recepito il contenuto e adesso si appresta a cavalcare la tesi dei 300 milioni di euro buttati per il costo di un referendum che giudica inutile?
Delle due l’una: o il Governo vuole dare una lezione alle Regioni che hanno osato differenziarsi, operando per far mancare il quorum al Referendum e così poter gettare su di loro e sugli ambientalisti la colpa dei 300 milioni di euro buttati, oppure gli interessi delle Società di gas metano e petrolio pesano e contano ancora tantissimo.
 
Tra le Società di trivellazione interessate, perchè hanno concessioni nei nostri mari, figurano ENI, ENI-Edison Gas, Shell Italia, Po Valley OP, Appennine Energy….che hanno ottenuto dal Governo la possibilità di prolungare la loro presenza nei nostri mari con il vecchio ma sempre efficace ricatto dell’occupazione. Altro che “decarbonizzazione” della nostra economia, le fonti fossili continuano a essere protette e privilegiate perchè in mano a poteri forti.
Nei nostri mari la grande maggioranza dei giacimenti è di gas metano, solo una piccola parte riguarda l’estrazione di oil o petrolio . Tralasciando i gravi rischi ambientali, l’estrazione di queste fonti fossili è sempre meno conveniente sia sul terreno economico che su quello occupazionale : basti pensare che il rapporto investimenti –occupazione mettendo a confronto il settore gas e petrolio con il settore delle energie rinnovabili è di 1 a 7: cioè con la stessa quantità di investimento le energie rinnovabili creano 7 volte più occupati.
E non si dica che le energie rinnovabili sono state avvantaggiate rispetto alle fonti fossili, gas e petrolio: nello stesso periodo di tempo i sussidi per le fonti rinnovabili in Italia sono state di 6 miliardi di euro, mentre le fonti fossili ne hanno beneficiato per 14,6 miliardi di euro.
Il fatto è che dal 2008 ad oggi il fotovoltaico nell’economia mondiale globale è diminuito del 70% in forza della sua capacità di innovazione e quindi è sempre più competitivo, malgrado il prezzo delle fonti fossili, in particolare del petrolio, sia stato ribassato  su spinta dell’Arabia Saudita del 60%.
Con il Vertice mondiale sul clima di Parigi si sta voltando pagina e iniziando a scrivere una pagina nuova di portata storica: finisce l’era delle fonti fossili, inizia quella della decarbonizzazione dell’economia, che valorizza il solare, le fonti rinnovabili e l’economia circolare.
Per questo Gianni Silvestrini ha definito antistorica la scelta del Governo italiano di insistere con il prolungamento delle concessioni per le piattaforme in mare. 
Ma forse chi sta giocando con la democrazia e l’economia italiana ha mire più raffinate: utilizzare il fallimento del referendum del 17 aprile per riaffermare che esiste un unico potere efficace in grado di mettere ordine alle spinte più diverse che agitano il nostro Paese: quello centrale del Governo.
Forse non sono solo le lobby del gas , del petrolio, delle multiutility come A2A ad essere aggrappate al vecchio modello delle fonti fossili, forse chi sta al Governo predilige il modello centralistico di un’energia prodotta, distribuita e controllata da grandi imprese piuttosto che il modello diffuso e partecipato di migliaia di cittadini produttori e insieme consumatori di energia attraverso la rete delle rinnovabili.
Forse c’è chi pensa al referendum del 17 aprile come a una tappa, anzi a un monito per piegare la volontà dei territori e ridurli a quell’uniformità che tanto piace alle “ maggioranze silenziose”, quelle che potrebbero risultare decisive nel  referendum più importante,  quello di ottobre sulla riforma della Costituzione che, non a caso, ricentralizza molti poteri e riduce quello dei territori. 
                                                                                                                                Marco Pezzoni

 

 

 

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