AMA contro la pubblicità diretta dei farmaci

L’Associazione dei medici americani (AMA) chiede che si sospenda la pubblicità diretta ai consumatori per i farmaci e per i dispositivi medici che richiedono la prescrizione. La richiesta nasce dalla constatazione che la mole crescente di messaggi pubblicitari spinge i pazienti a esigere terapie sempre più costose, pur in presenza di alternative clinicamente efficaci e […]

L’Associazione dei medici americani (AMA) chiede che si sospenda la pubblicità diretta ai consumatori per i farmaci e per i dispositivi medici che richiedono la prescrizione. La richiesta nasce dalla constatazione che la mole crescente di messaggi pubblicitari spinge i pazienti a esigere terapie sempre più costose, pur in presenza di alternative clinicamente efficaci e più economiche.

Non è un caso che negli unici due paesi al mondo dove è permessa la pubblicità diretta dei farmaci (USA e Nuova Zelanda) siano stati spesi in pubblicità diretta 4,5 miliardi di dollari negli ultimi due anni, con un incremento del 30% rispetto agli anni precedenti. L’ulteriore preoccupazione dell’AMA è che i pazienti vengano spinti a richiedere cure non appropriate, anche se a volte non se le possono permettere per il loro alto costo, perché convinti dalla pubblicità che i nuovi farmaci facciano al caso loro. Va notato che nel solo 2015 vi è stato un aumento del 4,7% del costo dei farmaci, sia griffati che generici.

 

Ovviamente PhRMA, l’equivalente statunitense di Federfarma, non condivide la proposta di AMA, sostenendo che “lo scopo della pubblicità diretta è quello di fornire informazioni scientifiche accurate perché i pazienti possano conoscere meglio le opzioni terapeutiche esistenti”. La FDA, che approvò molti anni fa la pubblicità diretta ai consumatori, può revocare il mandato in qualsiasi momento.

 

Tra i commenti comparsi nei siti dove è stata pubblicata la proposta dell’AMA, si legge: “AMA, dove eravate quando fu concessa la pubblicità diretta? Il primo farmaco pubblicizzato fu il Seldane, un antistaminico che non provocava sonnolenza, ma poteva causare danni valvolari cardiaci anche mortali”; e ancora “quando uscì il Tagamet e venne pubblicizzato in TV, un anziano specialista si rifiutò di prescriverlo, continuando a consigliare il vecchio bismuto che viene ancora oggi utilizzato, mentre il Tagamet è sparito dalla scena”.

 

Per fortuna nella maggior parte dei paesi, Europa compresa, la pubblicità diretta non è stata autorizzata, nonostante le ripetute richieste dell’industria farmaceutica. Speriamo che l’auspicata revoca della pubblicità negli USA non venga paradossalmente seguita dal suo permesso in Europa, in base a logiche liberiste e commerciali che contrastano con il compito primario di tutelare la salute dei cittadini a costi sostenibili.

 

Notizia tradotta e riassunta da Fabio Suzzi