Sono iscritto alla Società Italiana di Reumatologia (SIR) ed ho deciso di non partecipare più al congresso annuale, per varie ragioni, soprattutto economiche, visto che ora, da pensionato, pagherei di tasca mia, ma anche per evitare il linciaggio (morale) dei NoGrazie. La tassa d’iscrizione è oramai vicina all’affitto mensile di un mini arredato, poi c’è il pernottamento, in hotel a 3 o 4 stelle (gli unici proposti, vicini) per almeno 3 notti, e il viaggio, spesso in località raggiungibili in tempi accettabili solo con l’aereo. In passato non mi facevo molti scrupoli e partecipavo quasi regolarmente, anche se immaginavo che l’evento fosse completamente finanziato dall’industria farmaceutica. Le Società Scientifiche lo sanno bene e possono così gonfiare a dismisura la tassa d’iscrizione.
In media al congresso annuale partecipano un migliaio di medici, fate un po’ i conti. É poco credibile che un medico sborsi di tasca propria circa 2000 euro per un evento soltanto per metà scientifico (percentuale arbitraria ed ottimistica). L’industria del farmaco paga poi profumatamente gli spazi espositivi, dove un metro quadro costa come a Manhattan. Cosa si chiede in cambio? Basta sfogliare il programma per accorgersi che i cosiddetti simposi satellite, dedicati in genere alla presentazione di un farmaco, fanno la parte del leone. Hanno luogo in orari di piena mattina, spesso nella sala principale, sono pubblicizzati da dépliant presenti in ogni cartellina congressuale. Questa contiene poi una decina di bugiardini di altri farmaci, di altri simposi satellite, otre a penne, gadget, blocchi per appunti, tutti rigorosamente griffati dal logo degli sponsor.
Ma vi sono anche altre ragioni di scontento, quelle strettamente professionali. In tre giorni o più di congresso le perle di saggezza, i take home messages, come s’usa dire, si rivelano spesso ben pochi. Gli eventi “scientifici” sono spesso relegati in orari antelucani o in salette laterali di difficile reperire, frequentati da uno sparuto manipolo di giovani. Dove sono gli altri congressisti? Fanno lo struscio negli stand delle varie compagnie farmaceutiche, pieni di luci e colori, macchine del caffè, bibite, tramezzini, gadget a profusione e di ogni tipo (da arraffare scusandosi: “…non li prendo per me sai… quando torno i miei figli …“), fra salottini, separé, schermi giganti, sorrisi e computer con videogames immunologici, quiz a premi (altri gadget), facilmente ottenibili dietro compilazione di moduli con il proprio indirizzo, e-mail, fax, cellulare, segno zodiacale, ascendente…così sei schedato per sempre. Il Congresso finisce nel tardo pomeriggio, ma molti congressisti sono usciti prima, alcuni con moglie e figli, per le visite guidate alle bellezze dell’amena località che ospita la manifestazione. Fine della giornata in un locale alla moda, dove lo sponsor Trimalcione offrirà un’epica cena di pesce da narrare ai colleghi increduli, al rientro.
Ammettiamolo, noi medici non siamo certo probi viri, ma certamente le Società Scientifiche si comportano spesso da mala bestia: forse è proprio da qui che dovrebbe iniziare la nostra moral suasion. Ma sarà dura!
Giovanni Peronato, 2009
“Accade”
Accade quando esci da un sistema ed entri in un altro, un po’ come quando dall’Italia passi in un altro paese e ti accorgi che quello che è normale da queste parti da altre parti non lo è.
Accade quando esci dall’ospedale e vai a lavorare sul territorio. É accaduto a me, quindi, che dopo vent’anni di Ospedale sono andata a lavorare in Consultorio. Per un po’ di tempo non ho capito quale fosse il ruolo di un’infermiera pediatrica in Consultorio poi, piano piano, sono diventata più consapevole che esistevano altre cose oltre al pericolo e alla patologia e dopo ancora un altro po’ mi sono sentita recettiva al cambiamento.
E ho cambiato: il Movimento, in Ospedale si corre (almeno spesso è necessario correre) in Consultorio si può andare piano, il territorio non ha urgenze non c’è necessità di essere veloci e quindi mi sono calmata.
Ho imparato: la Delega, in Ospedale ho svestito e rivestito tantissimi neonati per le visite pediatriche, anche davanti ai genitori, lo facevo perché così si fa in ospedale, perché le infermiere sono veloci e pratiche e i genitori sono lenti e impacciati. In Consultorio ho imparato a farmi un po’ da parte e a restituire ai genitori e ai bambini/e la cura dei movimenti impacciati, ma delicati e rispettosi, delle mani di famiglia.
Ho approfondito: la Fisiologia, in Ospedale si Cura, in Consultorio si fa Prevenzione e io ho avuto necessità di studiare e appropriarmi o ri-appropiarmi di temi con i quali non avevo dimestichezza.
Ho scoperto: l’Allattamento Materno. Per anni, in Ospedale pur “promuovendo” l’Allattamento Materno ho preparato tanti biberon di formula non indispensabili, fatto doppie pesate, consigliato alle mamme cose che avevano la sola validità di essere state tramandate per tradizione orale da una generazione all’altra di operatori sanitari che, come me, venivano da un periodo storico in cui il Piano di Studi non comprendeva né l’Allattamento né la Fisiologia della Lattazione.
Ho purificato: gli Ambienti, ho studiato il Codice (ndr: Internazionale sulla Commercializzazione dei Sostituti del Latte Materno) e conosciuto i Nograzie e ho guardato con il terzo occhio quello che mi circondava; ora qui in Consultorio, nella mia stanza, non c’è una penna, un fermacarte, un calendario, un’agenda, un poster con un logo, quei pochi presidi che servono li ordiniamo alla farmacia della ASL.
Ho semplificato: l’Assistenza; difficilmente consiglio l’acquisto di un prodotto/presidio ai genitori (pompette aspira muco, cuscini allattamento, paracapezzoli….).
Ho fatto un bagno di umiltà. Diciamo che ci sto lavorando. Sto imparando a stare zitta, ascolto le donne per molto più tempo di quanto mi sarei mai aspettata di saper fare.
Ho conosciuto: il valore del lavoro d’équipe e il sacrificio del proprio ego che questo comporta.
Ho addestrato: le mie mani a non toccare, perché ho imparato che non è rilevante che io riesca ad aiutare una madre a sistemare il bambino per un buon attacco e una poppata efficace, ma è rilevante che lei a casa sua riesca ad aiutarsi da sola.
Ho esercitato: sto esercitando un comportamento assertivo che mi permette di non ricevere informatori o di non accettare biglietti da visita, gadget e campioni di prodotti/presidi per l’infanzia e le donne senza alcun senso di colpa, senso di colpa che ho riconosciuto provenire da un addestramento strisciante di anni e anni in cui credevo che l’informatore portasse con sé l’aggiornamento.
Accade che conosco donne e uomini nel momento più fragile e potente della vita, quando stanno per diventare e sono appena diventati genitori, e accade che mi sono sentita e mi sento gratificata quando per esempio:
A. padre di A. di un mese di vita da poco mi ha detto: “abbiamo necessità di venire tutti i giorni qui, almeno per un po’.” Li ho accolti e dopo 10 giorni di sedute quotidiane hanno raggiunto il loro obbiettivo di allattamento e oggi non verranno.
V. madre di M. di tre mesi di vita da poco mi ha detto: “mi sento insicura e dubbiosa ma non voglio fare con mia figlia quello che mi dicono di fare, voglio capire, conoscere e scegliere insieme a suo padre il nostro modo di crescerla”.
Accade che la vita è cambiamento e accade che questo lavoro mi piace assai.
Susanna Maccioni, 2015