The Cancer War, un grosso affare per Big Pharma

Colin Macilwain, giornalista scientifico scozzese, scrive su Nature che la battaglia contro il cancro sta cambiando strategia focalizzandosi sui test diagnostici e sulla terapia invece che ricercarne le cause e le modalità di prevenzione.(1) Quest’ultima viene gradualmente percepita dal pubblico in maniera distorta. Dopo la doppia mastectomia di Angelina Jolie e la successiva annessiectomia, migliaia […]

Colin Macilwain, giornalista scientifico scozzese, scrive su Nature che la battaglia contro il cancro sta cambiando strategia focalizzandosi sui test diagnostici e sulla terapia invece che ricercarne le cause e le modalità di prevenzione.(1) Quest’ultima viene gradualmente percepita dal pubblico in maniera distorta. Dopo la doppia mastectomia di Angelina Jolie e la successiva annessiectomia, migliaia di donne sono corse a procurarsi i costosi test genetici pensando sia questa la vera forma di prevenzione. Assieme ai test genetici, vengono oggi offerte cure sempre più costose per prolungare la sopravvivenza (non chiamiamola ‘vita’) magari solo di qualche mese, pensando che questa sia la strategia vincente nella guerra contro i tumori. Una grande massa di investimenti viene dirottata su test preventivi e sulle strategie terapeutiche piuttosto che essere impiegata nella ricerca delle cause. Big Pharma sembra dettare l’agenda anche a istituzioni pubbliche come il National Cancer Institute il cui budget per la ricerca sulla prevenzione è sceso dall’11% nel 2003 al 6% nel 2013. Si riduce anche il budget per la ricerca di sistemi di valutazione dei reali risultati ottenuti con le nuove terapie.

 

La guerra globale contro il cancro fu dichiarata nel 1971 dal presidente Nixon, che paragonò il numero di vittime di questa malattia alle perdite subite dall’esercito americano nella seconda guerra mondiale.(2) La sollecitazione gli era venuta dalle pagine del Washington Post, dove era comparso un annuncio pubblicitario a tutta pagina dell’American Cancer Association, intitolato “Mr Nixon: you can cure cancer”. L’associazione contribuì poi a premere sul Congresso per stanziare fondi sempre più consistenti nel settore oncologico. Nixon aveva dichiarato guerra alla droga solo sei mesi prima e ora ripeteva il proclama contro il cancro. Gli americani avevano appena messo piede sulla luna, l’euforia era grande e si pensava che anche la vittoria nei confronti della malattia fosse dietro l’angolo. Già allora però parte della comunità scientifica era scettica sul fatto che si potesse vincere il cancro senza conoscerne a fondo le cause; sarebbe, si disse, come voler andare sulla luna senza conoscere la legge di gravità di Newton. Dichiarare guerra al cancro è ancora più irrealistico che farlo nei confronti del terrorismo o della droga, perché antepone le strategie terapeutiche di attacco alla malattia a quelle di prevenzione e ricerca delle cause, seguendo così gli interessi dell’industria, rendendo sempre più costosi i trattamenti, al punto che presto non saranno più disponibili per tutti come già non lo sono per i paesi più poveri. Come il terrorismo va combattuto alle radici, migliorando il benessere e la giustizia sociale, così del cancro vanno ricercate attivamente ed eliminate le cause, soprattutto ambientali: parlare di ‘guerra’ è un modo per distorcere le priorità di azione.

 

L’industria farmaceutica ha fatto passare come realistico il rapporto fra sopravvivenza al cancro e velocità di approvazione e di uso intensivo dei nuovi farmaci. Ecco allora nascere associazioni di pazienti, spesso finanziati dall’industria, che si battono per ottenere gli ultimi successi della ricerca terapeutica, indipendentemente dal rapporto costo/efficacia. Il termine guerra esprime una metafora oramai obsoleta che andrebbe abbandonata e che invece viene estesa ad altri settori, come le malattie neuro-degenerative. Nel marzo scorso si è svolta all’OMS di Ginevra la prima Conferenza su “Global Action Against Dementia”, al cui tavolo si sono seduti in prima fila i rappresentanti di Big Pharma. La priorità ancora una volta non è sul miglioramento della qualità di vita della popolazione, ma sui test genetici e sui farmaci innovativi.

 

L’articolo di Macilwain si conclude con un’immagine metaforica della guerra al cancro vista come la muraglia cinese, opera monumentale che doveva servire a proteggere gli abitanti da un nemico esterno, ma che è servita soprattutto ad aumentare il potere di chi la costruiva, l’Imperatore e la sua corte.

 

Giovanni Peronato

 

1. http://www.nature.com/news/change-the-cancer-conversation-1.17236

2. http://www.journalcancerpolicy.net/article/S2213-5383(13)00007-6/fulltext